19 marzo 2010

Slums a Nairobi

18 marzo 2010

A Mukuru arrivo in 25 minuti di taxi. Dopo l'area industriale, qualche chilometro fuori Nairobi, dopo Lunga-Lunga Road, siamo arrivati. Io e Martina, la mia accompagnatrice irlandese, salutiamo il chairman dello slum. Visito il Centro fondato da Martina qualche anno fa: una piccola scuola per parrucchieri, un cortile per accogliere i bambini dei genitori che lavorano, un minuscolo laboratorio informatico. Il Centro è circondato da alte lamiere. Per arrivarci cammino su passaggi stretti mezzo metro, un metro, tra una baracca e l’altra. Bambini ovunque, mamme che cucinano il pranzo, qualche uomo seduto davanti casa, alcuni banchi che vendono cibo appena cotto, pannocchie di mais abbrustolite, ugali e verdura. Incontro il Glorious Hotel, dormire costa 100 scellini (un euro), le lamiere sono dipinte di rosa pallido. C’è la Top Life Butchery, dall’odore inconfondibile, l’Eden Gift Shop, per chi si sposa, il Little London Market e il Paradise Luxury Pub che ha due tipi di soft drinks. C’è anche una scuola guida, non ha l’automobile, ma i segnali stradali sono chiaramente dipinti sulla lamiera color turchese. Due settimane fa sono arrivati dalla Municipality e hanno raso al suolo un migliaio di baracche con le ruspe perché qui deve passare l’oil pipe line tra l’Uganda e Mombasa, della Tamoil, proprietà libica, con il sostegno dell’ENI che si incaricherebbe della raffinazione del petrolio estratto in Uganda nell’Albertine Rift. Cammino sul cemento delle baracche distrutte o abbandonate. Pochi sono tornati ai villaggi d’origine in campagna. La maggior parte è rimasta da parenti che vivono nello slum e che si sono stretti per far posto ai nuovi arrivati senza casa. La gente è furiosa perché ha perso il lavoro avviato e dopo la demolizione è rimasto un buco enorme, un vero boulevard che rende possibile lo "struscio" e una visione panoramica e profonda dello slum. La Kenya Power denuncia che lo slum usa l’elettricità illegalmente. Anche l’acqua è illegale ed è gestita da un cartello locale che la vende a 5 centesimi di Euro ogni 20 litri. I tubi sono interrati, ma il passaggio di camion e altri mezzi pesanti li ha fatti emergere e in molti punti appaiono sconnessi. Difficile pensare che l’acqua arrivi pulita anche perché sulla strada passano i canali di scolo che partono dalle baracche e si versano ovunque. Comunque per riempire una tanica da 20 litri passa mezz’ora. Non ci sono ospedali, ambulatori, medici, non c’è nessuno. C’è un bell’odore di merda. Anche le due scuole private sono circondate dalle fogne a cielo aperto. La grande maggioranza della popolazione di Mukuru non si può permettere di inviare i figli a scuola: si pagano 500 scellini (circa 5 euro) al mese per ogni bambino e sono pochi i genitori che possono pagare una cifra del genere. Proprio accanto alle due scuole, dove giocano i bambini, passa la ferrovia e ogni tanto qualche bambino finisce sotto un treno merci. Sono molti i bambini che si perdono o vengono rapiti e portati via perché i genitori che lavorano non possono proteggerli o li abbandonano. La stragrande maggioranza della gente di Mukuru non ha i soldi per mangiare. Andiamo a trovare una signora che dopo aver fatto la scuola di Martina ha aperto un “salone” da parrucchiere. Ci accoglie con orgoglio ed è visibilmente contenta. Un cliente si taglia i capelli per 20 centesimi di euro nel salone che è 2 metri per 1 di lamiera ondulata. Comprese nel prezzo ci sono le pillole per il mal di testa o il mal di pancia. Sono tentato anch’io di farmi un bel taglio, anche perché quelli delle ruspe torneranno, il salone ha i giorni contati. C’è un bel traffico di gente, chi vende pomodori, chi coltelli, molti fanno affari, chiacchierano, nessuno ci disturba, nessuno ci rivolge la parola. Mukuru è nato 35 anni fa ed ha circa 500.000 abitanti. Le baracche di 4, 5 o 6 metri quadrati ospitano 7, 8, 10 persone. Non ci sono bagni, servizi igienici, niente. Molti abitanti di Mukuru vengono da regioni in guerra: hanno perso tutto. Altri sono rifugiati che non hanno mai conosciuto altro tipo di vita: in fuga continua da un luogo all’altro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA PAOLO GIUNTA LA SPADA