30 novembre 2011

La scomparsa dell'intellettuale italiano.

La crisi della cultura

Gli italiani che sono in grado di leggere un editoriale su un giornale sono circa 5 milioni. Gli altri 40 milioni, stiamo parlando di adulti, non leggono e si limitano a guardare la televisione. Siamo un popolo disinformato e incolto e il fatto, denunciato anche dal Dipartimento Anti-trust dell’Unione Europea, che l’ex-premier controlla l’80% per cento delle televisioni italiane rende la situazione italiana ancora più grave.
Le TV commerciali e il Web, inoltre, hanno mutato radicalmente il ruolo degli intellettuali nella società moderna e, in particolare, in Italia.

Intellettuali di Destra.

Gli intellettuali di destra come Lucio Colletti, Saverio Vertone, Giorgio Rebuffa, Piero Melograni e Marcello Pera si schierarono con Berlusconi sperando in una rivoluzione liberale e nella liberazione dalla cattiva politica della prima repubblica. Tutti si fecero eleggere con Forza Italia e tutti, gradualmente, abbandonarono l’ex-premier delusi dalle sue promesse non mantenute e dal suo guardare solo ai propri interessi privati. Furono accusati di essere dei venduti e bollati come opportunisti visto che molti, Lucio Colletti più di altri, erano stati illustri pensatori marxisti negli anni 70. Altri, molto meno illustri, come Ferrara e Bondi, passarono con disinvoltura dal pensiero totalitario comunista al pensiero totalitario berlusconista (e ai soldi del premier). Ai pochi intellettuali, infine, si sostituirono le ragazze di Via Olgettina, le veline e le escort subito promosse nei gradi alti della politica. Gli intellettuali di destra sono rimasti in silenzio o al servizio di chi li paga.

Gli intellettuali di Sinistra.

Gli intellettuali di sinistra sono rimasti largamente spiazzati dal mutamento radicale imposto alla storia dal crollo del muro di Berlino del 1989 e dalla fine del comunismo come ideale di trasformazione della società. Molti, piuttosto che approdare ad una cultura liberale, sono rimasti in silenzio. Altri, invece che rivendicare il giusto e il positivo delle lotte operaie e contadine dell’Ottocento e del Novecento, le hanno rimosse, dimenticate, cancellate.
Altri continuano ad esaltarle senza però aver mai denunciato i nefasti danni prodotti alla società italiana dal velleitarismo e dal fondamentalismo di sinistra, antipatriottico e antistatale. La storiografia di sinistra si è fermata ad un vago “pensiero debole” che richiama il tema della crisi delle ideologie e ripropone una sorta di relativismo ideologico culturale che non sa indicare mezzi e fini dell’esistenza umana.

Alberto Arbasino, dopo un dichiarato anticonformismo di stampo borghese negli anni 60, è deputato dal 1983 al 1987 col Partito Repubblicano e non c’è bisogno di commentare la sua opera più recente.

Umberto Eco, il più formidabile scrittore e intellettuale italiano degli ultimi 40 anni, si è dedicato ad una attività letteraria di successo. Partecipa a volte e con merito agli incontri di Giustizia e Libertà, di rado rilascia interviste, quasi mai interviene nella vita pubblica italiana. Su di lui ricade la responsabilità di aver distrutto, nell'epoca in cui tali operazioni erano di moda, uno dei pochi libri fondanti l'identità italiana di fine Ottocento, il mitico Cuore di Edmondo De Amicis, disconoscendo alla lunga il valore dello scrittore di Memorie Mediterranee. Ebbe pure la colpa di indulgere in uno strutturalismo esasperato che finì per irridere e archiviare drasticamente buona parte della critica letteraria italiana.

I grandi registi italiani si dedicano ad operazioni di cultura marginale.
Il più grande, Bernardo Bertolucci, ha composto l’ultimo capolavoro con "L’assedio", del 1998; è naufragato con "Dreamers", nel 2003; si sta attualmente dedicando a "Io e te", di Niccolò Ammaniti, e appare lontano il datato, ma indimenticabile "Novecento" del 1975.

Nanni Moretti negli ultimi 12 anni ha fatto tre film: uno di appena un’oretta su sé stesso e sulla nascita di suo figlio: "Aprile" del 1998; uno, "La stanza del figlio", del 2001, su cosa succede in una famiglia quando muore un figlio; poi l’orribile “Il Caimano”, del 2006, un film che ha una sceneggiatura pessima e sembra un fumetto di Paperinik per quanto è girato male. Recentemente ha fatto anche un delicato film sulle presunte fragilità di un Papa moderno e si guarda bene dal parlare dell’Italia di oggi se non per ricordare, quando glielo chiedono, quanto fu “bravo e profetico” a promuovere i “girotondi” nei primi anni 2000. Al sofisticato regista romano si dovrebbe dedicare un capitolo intero perché alcune sue battute che hanno fatto epoca (“Quando ho saputo che ha vinto Berlusconi mi sono fatto una canna così”, “Il dibattito no!”, "Di' una cosa di sinistra" riferito a D'Alema) sono andate di pari passo con l'affermazione di un'ideologia di compiaciuto disimpegno di stampo snob.

La società dominata dalla televisione.

Nel ventennio berlusconiano, con la figura dell'intellettuale al tramonto, è andato in auge il “conduttore unico” Bruno Vespa, l’onnipresente faccione "ducesco" a cui è stata affidata l’agiografia del premier e la celebrazione acritica di tutti gli eventi televisivi della società italiana attuale: la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, la riesumazione della salma di Padre Pio, i grandi concerti di Stato, i funerali di Stato, la presentazione ufficiale dei nuovi Governi della Repubblica.
Siamo così passati da una società che negli anni 60/70 godeva di un notevole pluralismo culturale e di grande ricchezza espressiva (Fellini, Antonioni, De Sica, Visconti, Pasolini, Gadda, Moravia, Montale, Levi, Morante, Fenoglio, Fallaci) ad un mondo culturale dominato dalla televisione.
I palinsesti televisivi sono fatti in modo da solleticare gli istinti più bassi del pubblico: cronaca nera con dettagli scabrosi, cronaca rosa, sesso e gossip sui personaggi anche di secondo e terzo piano del mondo dello spettacolo, reality show.
La società orientata dal modello televisivo promuove i paradigmi di vita: mediocrità, soldi facili, sesso fine a sé stesso e senz’anima, possesso di beni commerciali di moda, assenza di emozioni vissute attraverso l’esperienza personale diretta, totale assenza di intelligenza, zero osservazione critica e zero sensibilità artistica.
I giovani non sognano più e non vivono più forme significative di aggregazione sociale e culturale, l'educazione civica appare sempre più sciatta e trascurata.
I ragazzi vanno a scuola senza orgoglio "perchè ci si deve andare".

L'estinzione della funzione intellettuale.

Non c’è solo la crisi della politica; nel nostro Paese c'è un vuoto culturale che ha prodotto l’estinzione dell’intellettuale italiano, cineasta, storico, studioso di scienze o scrittore che sia: non ci sono figure di riferimento che sappiano porre domande e siano in grado di cercare possibili risposte.
Chi abbia il coraggio di esporsi e impegnarsi in prima persona per esprimere un bisogno collettivo di sapere, l'esigenza di miti fondanti per una nazione che li ha sempre più incerti e vacillanti, il desiderio di sogni collettivi, i progetti di un futuro da immaginare nei più minuti dettagli.

(continua )

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

L'Autunno della Politica

La crisi della politica

Si parla spesso in Italia di crisi della politica: la gente si sente sempre più distante dai politici che vengono disprezzati per le loro scarse qualità morali, oltre che per l'abissale ignoranza. La democrazia si è ridotta ad un mero apparato formale con i politici che fanno ciò che vogliono soprattutto se, come nel caso dell’ex-premier, possono contare su un sistema mediatico che orienta la pubblica opinione.
Va di moda scagliarsi contro la politica: l’ex-premier si scaglia contro i “politici di professione”, come se lui non fosse stato al governo per 17 anni, non sedesse in Parlamento e non fosse il capo di un partito. Il tema dell’antipolitica in Italia è sempre stato di successo visto che i Radicali di Pannella negli anni 70, lo stesso Berlusconi a partire dalla metà degli anni ’90, la Lega ieri come oggi, il Movimento 5 Stelle oggi, hanno successo perchè gli italiani sono stufi della classe politica corrotta, privilegiata, disonesta. O annoiati dai discorsi. Rottamare è il verbo che va di moda.
Il fatto che oggi, dopo 17 anni di berlusconismo, ci sia un governo di “tecnici” la dice lunga sull’incapacità degli ultimi governi, e dei politici in generale, a gestire la cosa pubblica. Al di là di quello che si può pensare del governo Monti rimane la realtà di un “tecnico” che si deve occupare dell’Italia dopo anni di promesse non mantenute, di bugie e frottole. Un “tecnico” che deve “riparare” l’Italia dopo un fallimento durato 17 anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

17 novembre 2011

Il conto, per favore!

Lo Stato italiano spende ogni anno circa 700 miliardi di Euro.
Lo stato per pagare questi 700 miliardi ne prende 400 dalle tasse e 300 dal prestito.
Il debito che l’Italia ha accumulato nel corso del tempo ammonta a circa 1.900 miliardi di Euro. Gli interessi che l’Italia paga sui prestiti che riceve ammontano a circa 70 miliardi di Euro l’anno. L’88% delle tasse che incamera lo Stato provengono dal mondo del lavoro dipendente. Il cosiddetto “popolo delle partite IVA” contribuisce al fabbisogno dello Stato per il 12%. In sostanza mentre un’industria sana e i suoi operai pagano le tasse abbiamo la seguente situazione:
i ristoratori e i proprietari di bar nel nostro Paese denunciano meno dei loro camerieri come risulta dai dati dell’Agenzia delle Entrate;
chiunque sa cosa significa andare da un medico specialista: dopo una visita dal dentista, cardiologo, osteopata, omeopata, pediatra, oculista, dermatologo e ortopedico si esce quasi sempre con un ragionamento: la visita è durata 20 minuti, mi è costata 150 Euro senza alcuna ricevuta fiscale, di visite questo signore ne fa 20 al giorno che sono 3000 Euro al giorno che moltiplicate 24 giorni lavorativi al mese fanno 72.000 Euro al mese. Perché dovrei pagare io le tasse? Questi sono i luoghi dove spesso le segretarie ti chiedono se vuoi la ricevuta fiscale: 200 con la ricevuta, 150 senza. Che cosa dovrebbe rispondere, prof. Monti, un impiegato che ne guadagna 1300? O un cassiere del supermercato che ne guadagna 900? O un impiegato di un call center che ne prende a cottimo 700? O un professore che arriva dopo trent’anni di carriera a 1750?
Anche parrucchieri e barbieri sono ondulati nell’evasione quanto le chiome che disegnano.
L’intero comparto dell’edilizia produce un sommerso di vasta entità. A parte i lavoratori stranieri in nero che vengono pagati niente e trattati spesso come schiavi, si inizia con architetti, ingegneri, geometri per finire con imprenditori edili, detti comunemente muratori, elettricisti, idraulici, pittori, falegnami e fabbri.
Spiegatemi poi perché appena consultate un avvocato partono subito 500 Euro manco avete aperto bocca e se fate un atto per l’acquisto di una casa vedete 15 minuti un notaio e vi partono 3, o 4 o 5.000 Euro. Perché? Siamo nel Medioevo e dobbiamo pagare le tasse feudali ai feudatari?
Infine ditemi perché tutti sanno dove stanno 25 extracomunitari in due stanze a 100 Euro a testa e 6 studenti in tre stanze a 300 Euro l’uno, ma nessuno fa mai niente per far rispettare la legge.
Ditemi inoltre dov’è stato il Ministro Maroni per 3 anni e come ha fatto a non vedere le migliaia di lavoratori immigrati che raccolgono pomodori e frutta in Puglia, Campania e Sicilia tutto l’anno. Tutti pagati in nero. E assai poco. E come è possibile che non vedano le decine di migliaia di immigrati nelle cucine dei bar-ristoranti di tutta Italia, Nord incluso. Pagati in nero. E pochissimo.
Mi viene però il dubbio che i professori del nuovo governo, preoccupati dalla difficoltà di stanare, con metodi certi e a prova di corruzione, i mille evasori fiscali del nostro Paese mettano le mani in tasca a quelli che le tasse già le pagano: dipendenti pubblici e privati, pensionati già alla fame. E’ più facile e si fa subito, che ci vuole?
Prima di parlare di patrimoniale, ICI, tagli alla spesa pubblica bisognerebbe cercare di vedere quello che il precedente governo, obnubilato dal bunga bunga e dal fulgore di tante escort a corte, non è stato capace di cambiare o non ha voluto vedere.
Spero che il Governo Monti, a cui auguro il massimo del successo, sia capace di una politica fiscale che restituisca agli italiani l’orgoglio di vivere in un Paese civile e che i tagli alla spesa pubblica siano qualificati, settoriali, relativi agli sprechi: non finalizzati a mortificare una domanda di consumo già appiattita da stipendi da fame. Senza quella domanda di consumo non ci sarà crescita.
Che si cancellino, dunque, le Province, le 72.000 auto blu con autista, i vitalizi dei parlamentari con una sola legislatura, le baby-pensioni 14 anni 6 mesi e un giorno, le pensioni d’oro, gli stipendi dei dipendenti delle due Camere e della Presidenza del Consiglio, tanto per fare un esempio. Spiegatemi perché un commesso della Camera dotato di Licenza Media guadagna 5 volte quello che guadagna un professore di Scuola Superiore dotato di Laurea.

15 novembre 2011

I sogni, l'orgoglio del lavoro ben fatto, i miracoli, la forza dei giovani, la bellezza delle tradizioni, l'onestà...



Costruire un Paese di cui essere orgogliosi, l'Italia.

Viva l'Etiopia.

Mercoledì 2 novembre.
Addis Abeba, Etiopia.
Agli arrivi dell’aeroporto, all’uscita dove c’è la gente che aspetta, una muraglia umana di volti neri, classici, gli occhi scuri che scrutano. La classicità disegna le guance, le linee della fronte aperta, i ricci corti degli uomini dal volto severo, gli occhi mandorlati delle donne dallo sguardo orgoglioso e dolce.
Profumo di cotone degli shamma che sa di buono, odore di caffè tostato.
Giovedì 3 novembre.
Kofale.
Storia di K.
Quando nasce la madre la promette sposa alla sua vicina che l’ha visitata per prima e ha un figlio maschio di due anni. Questo bambino muore all’età di 4 o 5 anni. La promessa della madre sfuma. Il padre qualche anno dopo promette in sposa la sorella di 16 anni e incassa le mucche per la cessione della figlia. Arriva il giorno in cui l’uomo deve prendere in consegna la sorella di K., ma la sorella è scappata di notte e il padre di K., che ha già impegnato le mucche in una vendita, offre K. che ha 6 anni. L’uomo è furioso con il padre, valuta il nuovo acquisto ma non lo reputa adeguato e dopo molte discussioni se ne va pieno di collera con K. e suo padre.
K. cresce nell’isolamento e nel rifiuto del padre che la considera una buona a nulla. Buona neanche a sostituire la sorella per le necessità della famiglia.
K. ha trovato aiuto in Padre Angelo e rifugio nella Missione di Kofale.
E’ lei che, in una mattina di sole, mi aiuta a comprare a Shashemena il gabi più bello, il berberè più fresco.
Sabato 5 novembre.
Kofale. Faccio una camminata. Molti carretti trainati da cavallini e muli sfrecciano e alzano polvere rossa. Piccole animate botteghe. Musica dal ritmo vivace dagli altoparlanti dei bar. Tavoli da ping pong improvvisati sui bordi delle strade. Donne coperte di nero con il velo che lascia scoperti gli occhi, altre con la testa coperta ma il viso scoperto e l’abito colorato, quasi nessuna col capo scoperto. Tantissimi bambini. Due o tre chiedono soldi con un improbabile inglese: you! You! Money! give me money! give me caramella! La maggior parte mi ignora. All’incrocio con la strada asfaltata che porta ai monti del Bale, costruita 2 anni fa, sorge il monumento in bronzo alla donna Oromo, viso scoperto e velo in testa, austera, dall’aspetto severo di contadina e madre. Su un’altra strada parzialmente asfaltata ci sono i negozi più importanti, le moschee, il municipio, la polizia e sta sorgendo il Centro anziani per iniziativa di Angelo. Angelo segue una o due volte a settimana le costruzioni in corso nelle Missioni di Kofale, Dodola, Herero e Adaba. Ovunque sono in costruzione o ampliamento scuole, chiese, nuove case e alloggi che visitiamo insieme. Il venerdì 4 novembre abbiamo girato a lungo tutte e quattro le missioni. Angelo dirige con cuore, impegno e competenza i cantieri.
La strada è bella, tutta asfalto e con panorami profondi di campi d’orzo e di grano macchiati dalla sagoma verde scura di sicomori alti e maestosi.
Si attraversa il fiume Wabi Shebele.
In alta montagna non si incontrano che due o tre macchine e qualche camion, ma il pericolo viene dalle mandrie che percorrono la strada con l’incuranza dei pastori che dovrebbero guidarle, o dagli asini e dalle persone che l'attraversano di continuo.
6 novembre, Addis Abeba
Yemserac ci ha invitato a prendere il caffè da lei domenica pomeriggio, ma l’orario d’arrivo è incerto, il viaggio da Kofale ad Addis Abeba più di 4 ore.
Io e Padre Angelo arriviamo a casa sua alle 6 del pomeriggio, già buio.
Addis Abeba è così grande e cambiata che non la riconosco più.
Oltre a lei, che ha lavorato con noi tre anni e mezzo e visto crescere nostra figlia fin dall’inizio, c’è Sellas, la vecchia cara dolce Sellas, ma poi scopro in pochi istanti che Yemserac è riuscita in segreto a farmi una sorpresa. Ci sono tutti quelli che in nove anni di Etiopia hanno avuto a che fare con noi, con la nostra famiglia.
C’è anche Scetei, a cui avevo comprato la casa ma che avevo licenziato, con lei i pianti di commozione e gli abbracci sono più forti. Tutti e due ci sentiamo in colpa e ci chiediamo scusa e perdono. Ci sono tutti, anche le nipoti e i figli, c’è Lattai che fa il miglior caffè etiopico esattamente come lo faceva 15 anni fa. Siamo travolti tutti dall’emozione, si piange tutti mentre non finiscono di abbracciarmi e baciarmi. Ognuno ha portato la sua specialità di cucina regionale etiopica, Yemserac ha cucinato un doro da antologia, mi riempiono di regali e ricordi mentre il fumo dell’incenso e del caffè pervade l’aria e mi sembra di non essermi mai mosso dall’Etiopia, di non essere mai partito per Cuba, per l’Italia e per il Kenya.
Faccio in tempo a salutare alcune mie ex-studentesse, care e affettuosissime anche loro, e a salutare la barba bianca di Padre Angelo con cui mi sono confrontato con molto affetto, a volte con la contrarietà delle opinioni che possono essere diverse, ma mosso sempre da una stima incondizionata e profonda.
Grazie di cuore Angelo, grazie ai frati, alle suore e alle ragazze della Missione, grazie Yemserac, grazie Sellas, grazie Lattai, grazie Scetei, e grazie alle piccole Nardòs, Naomi e a Bethelem, grazie anche a Sennait, a Genet e a Bersabet.
Grazie Etiopia.
7 novembre, Roma.
Per una triste coincidenza arrivo nel momento in cui Pietro Priori, il carissimo Pietro, lascia questo mondo. L’sms sul telefono appena acceso mi dà una notizia di cui ancora non riesco a capacitarmi. Ricordo di Pietro la grandezza d’animo unita all'umiltà. Pietro che ha dipinto la nostra casa e ne ha fissato i colori, Pietro l’artista sempre pronto a aiutarti, a sorridere bonario, ad accorrere per darti una mano. Pietro, avido dei miei racconti, poteva lui raccontarmi il mondo intero con la sua saggezza, il suo stile inconfondibile, la sua elegante semplicità, la sua onesta e bellissima umanità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

2 novembre 2011

L'ombra del fallimento

Il premier aveva promesso un milione di posti di lavoro quando non c’era alcuna crisi, aveva giurato su un’Italia più libera e meno tassata, promesso il Ponte sullo Stretto e altre cento infrastrutture. Nei 15 anni circa in cui è stato al governo del milione di posti di lavoro neanche l’ombra. Della società liberale e meno burocratica tanto promessa non c’è traccia: tutte le lobbies che bloccano lo sviluppo del Paese sono ancora libere di imporre le loro prepotenze e le loro tariffe salatissime e inconcepibili in un mondo libero. L’Italia è diventata sempre più una società chiusa e monopolistica al punto che ormai la classe degli industriali piccoli e medi spinge per un cambio di governo e Confindustria si dichiara stanca di continui annunci senza alcuna decisione. Il Ponte sullo Stretto e le altre opere non sono state neanche iniziate o definite: né negli anni 90 quando la crisi non c’era, né negli anni seguenti fino ad oggi. L’Italia ha le stesse autostrade degli anni 60 e meno ferrovie di allora. L’Alitalia non è stata venduta quando lo proponeva Prodi e l’avrebbero pagata a peso d’oro: oggi non la vuole più nessuno. In compenso le società del premier, televisioni, banche, case editrici, giornali, immobiliari, supermercati, sono state favorite da leggi ad hoc, (un esempio il digitale terrestre e la spartizione delle relative concessioni), come succede nelle dittature del Terzo Mondo. I guai giudiziari del premier, falso in bilancio, evasione fiscale con apertura di società finanziarie all’estero, corruzione di giudici, adescamenti di minorenni e frequentazione di escort, veri o presunti che siano, sono stati messi a tacere grazie a scadenza dei tempi, prescrizione, indulti, amnistie, leggi ad personam, immunità e privilegi di ogni genere.

Il governo non è capace di fare gli interessi del nostro Paese e di affrontare le sue stesse contraddizioni: questo non se l’aspettavano neanche i suoi elettori e sostenitori. Il governo ha elaborato una media di due provvedimenti al mese e non è riuscito a convertirne in legge uno. E’ andato sotto 94 volte per i voti contrari della sua stessa maggioranza, eppure ha chiesto la fiducia per evitare il dibattito parlamentare 51 volte, come quando ci sono stati gli interessi del premier di mezzo e ha lavorato ad oltranza approvando il Lodo Alfano in 4 settimane. Dopo aver detto, fino a due mesi fa, “l’Italia sta benissimo” il premier sta cercando di mantenere il potere fino al 2013 o di scaricare su qualcun altro le decisioni da prendere. L’Unione Europea pressa l’Italia che da circa un mese viene accomunata alla Grecia: rischiamo il fallimento. Il governo ha passato l’estate a dire tutto e il contrario di tutto, una lunga serie di annunci che poi si sono rivelati falsi. Soprattutto non ha detto che le misure già prese hanno ridotto sul lastrico gli italiani e non sono state capaci di rilanciare l’economia. La gente senza soldi non spende. Se non spende la domanda è bassa e l’impresa è costretta a licenziare. Il governo sta facendo i tagli alla spesa senza individuare gli sprechi, i privilegi, le assurdità delle pensioni d’oro o baby su cui andrebbero fatti i doverosi prelievi. Non si dimezzano i costi scandalosi della politica e, dopo un’estate di proclami, sono rimaste tutte le province inutili; sono aumentati di 1.300 euro al mese gli stipendi dei parlamentari e dei ministri; è rimasta intoccata anche l’assurda possibilità di ricevere due entrate per i politici che hanno due incarichi; sono rimaste le 72.000 auto blu italiane, quasi tutte di grossa cilindrata, con autista. Sono rimaste le Audi del premier che danneggia l’immagine dell’industria nazionale usando macchine tedesche. Come se in Italia non ci fossero Maserati, Ferrari, Lancia e Alfa Romeo. Si colpiscono invece le pensioni già basse dei lavoratori e gli stipendi di operai, impiegati e professori che sono già il 40% più bassi della media europea. Si lascia intatta la Casta politica e la legge elettorale che l’ha protetta e consolidata non è stata ancora abolita.

Guardate i telegiornali fatti nel Regno Unito, negli USA, in Germania, in Svezia, in Cina, o anche nei Paesi Arabi. CNN, BBC, Euro News, SkyNews, Al Jazeera, NDTV, CNBCA, CCTV News descrivono un’Italia che non c’è nei telegiornali del nostro Paese. Gli italiani, come ai tempi del fascismo, non sanno quello che succede in Italia.

I telegiornali italiani parlano bene del governo e poi passano alla cronaca nera. I media stranieri raccontano cose diverse. E’ vero che Sarkosi non doveva permettersi di ridere dell’Italia una settimana fa alla conferenza stampa dell’Unione Europea. Il governo poteva e doveva emettere una nota critica ufficiale, ma non l'ha fatto perchè neanche quello è capace di fare. Quel giorno tutti i giornalisti in sala, provenienti da tutta Europa, hanno riso alla battuta di Sarkosi: quella è la cosa più grave perché dà l’idea dell’immagine dell’Italia oggi nel mondo a causa di un premier che aveva promesso una nuova politica e ha prodotto solo una ridicola messa in scena di sé stesso. Una cosa del genere non sarebbe mai successa con Prodi.

Il brand Italia, un marchio di successo nel mondo da 3.000 anni, può ancora riprendere a volare, ma serve gente seria disposta ai rischi di una nuova avventura politica che sia facilmente riconoscibile dagli italiani come credibile e nuova rispetto al passato. C’è uno spazio politico enorme che i leader attuali non sanno riempire per dare la svolta che il Paese si aspetta. I partiti di centro e di sinistra non trovano unità di intenti, né indicano con chiarezza obiettivi e metodi. Continuano a tenere alti gli steccati ideologici, a curare interessi personali, a distrarsi nei dettagli delle polemiche personali senza utilità per il Paese. E’ evidente che dovranno al più presto scegliere programma e leader. Poi, ognuno di loro, dovrà accettare di fare la corsa da gregario per il leader indicato; come fece la Clinton per Obama nelle ultime presidenziali americane.
Ne saranno capaci Renzi, Bersani, Di Pietro e Vendola?
E che manovre sono pronti a fare Fini, Casini e Rutelli?

Un nuovo impegno dipende da tutti noi. Bisogna smettere di parlare come se gli italiani fossero sempre gli altri e l’Italia una nazione “altra” dove si vive per caso. E’ un momento critico, un 1943 in cui ognuno dovrà assumersi la responsabilità di dire da che parte sta e acquisire come orizzonte quotidiano l’impegno del fare per il bene del Paese. Senza condoni e senza ritardi. Con nome e cognome.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

1 novembre 2011