21 ottobre 2012

Come si trasforma la lingua italiana

XII Edition of the World Italian Language Week
Con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
L’Italia dei territori e l’Italia del futuro

(Italy of the territories, Italy of the future)

"Wonna be esodato? Scialla!"

Come si trasforma la lingua italiana oggi:
la storia, le culture, il cinema


Conferenza/Conversazione con il
Prof. Paolo Giunta La Spada

L'evoluzione della lingua italiana. L'ingresso di neologismi e barbarismi nella lingua di oggi. Le lingue dei territori. I nuovi gerghi. L'evoluzione della lingua in relazione alle trasformazioni culturali e sociali. L'italiano nel mondo. Nel corso dell'incontro saranno proiettati trailer di cinema italiano.


All’Istituto Italiano di Cultura di Nairobi
presso la Sala Michelangelo
Mercoledì 24 ottobre 2012 alle 18.30

13 ottobre 2012

Malala

Tre giorni fa i talebani hanno sparato in testa a Malala. E' successo in Pakistan. Malala, 14 anni, è accusata dai talebani di voler andare a scuola e di voler ragionare con la sua testa.

Vi dice niente questa storia?

Immaginate una bella tavolata. C’è un padre e ci sono tante figlie e tanti figli. Mangiano e bevono. Tutto è offerto da papà e mamma.
Il cibo è eccellente. Sulla tavola ci sono dei regali per tutti. Si chiacchiera, si mangia e si beve.
Si brinda.

Poi a un certo punto il padre si alza e dice:
“figlie mie, figli miei, godetevi la vita, sappiate che incontrerete gioie e dolori e quando avrete dei dubbi ricordatevi di ciò che vi ho insegnato, insieme a mamma, in tutti questi anni, e di tutto l’amore che sentiamo per voi.
Io e mamma vi salutiamo e partiamo per un lungo viaggio. Cercate di essere sempre uniti come si usa tra buone sorelle e buoni fratelli e siate brave, siate buoni. Sempre.”
Tutti si salutano e il padre esce di scena. La mamma lo accompagna.

Il giorno dopo tutti i figli cominciano a litigare. Ognuno dice “solo io so quello che voleva insegnarci papà."
Un altro figlio afferma di essere solo lui quello che “papà chiamava nei momenti in cui c’era da prendere una decisione."
I figli maschi impongono alle sorelle di stare in cucina a lavorare per loro e di non uscire: “è per il vostre bene”, dicono, ma neanche ascoltano il parere delle sorelle.
Le sorelle chiedono “perché non possiamo seguire gli insegnamenti di mamma?”
I maschi dicono che “conta solo papà.”
Un altro dice “da adesso in poi dovete seguire i miei ordini, per il bene di nostro padre”, ma anche lui non ascolta l’opinione di tutti gli altri.
Un altro dice: “questa che io vi dico è la verità e per amore di nostro padre da adesso in poi voi dovete fare esattamente quello che vi ordino.”
Un altro dichiara “papà è grande e io sono il suo figlio prediletto, da adesso in poi chi non è con me è contro papà.”
Inventano regole su come ci si veste, si mangia, si beve e ci si lava, e dicono: “lo vuole papà.”
Altri ancora fanno altre regole, diverse, e litigano con gli altri.
Fratelli e sorelle non si amano più, litigano, si battono, si picchiano, si uccidono, non si ricordano neanche perché, ma ognuno di loro pensa di fare la volontà del padre.

Nel frattempo nessuno sente più papà, anzi passa tanto tempo che nessuno se lo ricorda più.
Anzi viene il dubbio che non sia mai esistito.

Vi dice niente questa storia?

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

9 ottobre 2012

Due passi avanti

A novembre 2011 Berlusconi si vergognava della totale incapacità mostrata nell’affrontare la crisi. Incapace di parlare la lingua inglese, ad ogni riunione dell’Unione Europea si esibiva in gaffe regolarmente notate dai rappresentanti delle altre nazioni e dalla stampa internazionale più autorevole.
Con i suoi comportamenti immorali, inoltre, infangava gravemente l’immagine dell’Italia nel mondo.
Già dimenticato?

Il caso della minorenne Ruby, la “nipote di Mubarak” secondo la telefonata da lui fatta in Questura a Milano, e lo scandalo della Minetti con uno stuolo di attricette e "amichette" esperte di spogliarello, segnavano in modo inequivocabile il vergognoso sipario delle dimissioni finali dell’ex-premier, incapace di replicare alla Merkel e dirimere i nodi della crisi all’interno dell’Unione Europea.
Con Mario Monti la credibilità internazionale dell’Italia risaliva subito.
In verità non ci voleva molto, dopo Berlusconi, considerato un personaggio ridicolo, o quanto meno discutibile, in qualsiasi nazione al di fuori d’Italia.

Berlusconi appoggiava dunque Mario Monti e otteneva in cambio l’omissione di giudizi sul suo pessimo operato e l’intoccabilità del sistema radiotelevisivo nazionale.
Ciò nonostante Berlusconi “giocava” a fare contemporaneamente il partito di governo e il partito d’opposizione e imponeva un certo numero di velati ricatti all’agenda di governo (“decido io quando staccare la spina” amava dire l’ex-premier).
In ogni caso Berlusconi dichiarava: “lascio la direzione del PDL ad Alfano”, “faccio un passo indietro”.
Così Alfano comunicò l’intenzione del PDL di indire le primarie per trovare il nuovo leader del partito.
Due mesi fa, invece, Berlusconi annunciava la sua candidatura e quindi Alfano si affrettava a concludere che, viste le decisioni del capo, le primarie erano annullate.
Proprio un partito pieno di democrazia!...
Oggi Berlusconi dice che è pronto a fare un passo indietro, se serve all’unità del Centro Destra.
Badate: dice che è disponibile a farlo, quindi, conoscendolo, potrebbe non farlo e ricandidarsi.
Lui dice che non si ricandiderebbe se questo potesse servire ad unire i moderati. Non come scrivono tanti pennivendoli che non si ricandida.

Io non ho mai capito che cosa abbia di moderato l’ex-premier amante di spogliarelliste e minorenni; che definisce la Merkel “una culona”; che fa discorsi sull’uscita della Germania dall’Euro come se potesse essere lui a poter determinare quello che riguarda una importante nazione europea; che bestemmia Dio raccontando barzellette su Rosy Bindi (vedi su You Tube); che infila “escort”, fascisti e amichette di tutte le categorie in ogni suo "governo".
Io, al confronto, mi sento molto, ma molto più moderato.
Non ho mai capito neanche che cosa abbia di liberale, visto che in 16 anni di governo ha pensato solo a mantenere intatto il monopolio dei suoi mezzi radiotelevisivi e delle sue potenti aziende e non ha liberalizzato alcun mercato e nessuna professione.

Andiamo al punto: perché la mossa di Berlusconi?
Ma guarda un po’: dopo aver criticato Monti e l’Eurozona, dopo aver sbeffeggiato Casini e Fini che propongono da tempo una "Lista per Monti Presidente", oggi Berlusconi dice che il leader del futuro governo "potrebbe" perfino essere Monti. Che gentile.
E’ evidente l’intento di spostare la discussione all’interno del Centro Sinistra sul tema Monti spaccando il già variegato e composito fronte del Centro-Sinistra, questo è il fine implicito della dichiarazione di Berlusconi.
Non ci vuole molto a capirlo.

L’ex-premier non sta facendo un passo indietro, in realtà oggi ha fatto due passi avanti.
1) ha chiamato a raccolta l’intero arco politico anti-sinistra
2) ha sviluppato una forte iniziativa di egemonia personale, come fa sempre, su tutto il Centro-Destra.
“Voglio proprio vedere cosa farà Montezemolo”, dice, sottintendendo per chi non lo capisse “la Destra sono io, l’agenda politica la detto io”.

Chiama a raccolta Fini e Casini che potrebbero essere attratti dalla chiamata quanto più si dovessero sviluppare come prioritari, e non come secondari, temi dell’agenda politica di sinistra come il matrimonio gay.
Punta a risalire nei sondaggi e conterà su un Papa che nei prossimi mesi ricorderà ai cattolici i cosiddetti temi della vita e, di nuovo, il matrimonio tra gay.
Punta, soprattutto, sull’effetto elettorale devastante che il Movimento 5 Stelle avrà sulla Sinistra e conta sulle divisioni che le primarie tra Bersani Renzi e Vendola potrebbero esasperare.
Berlusconi, se non a Palazzo Chigi, punta al Quirinale.
Con la Minetti che smista i corazzieri per gli spettacoli di burlesque…
Non c’è molto da ridere.
A lui non importa se andare al potere con ciò che resta della Lega, con Formigoni, Dell’Utri, Daccò o Fiorito, Montezemolo, Previti o la Mussolini, con l'Euro o senza l'Euro: a lui interessa il potere.


C’è in gioco non solo l’immagine dell’Italia, ma sostanza e struttura della nostra democrazia, delle nostre libertà civili, del nostro sviluppo economico, della nostra identità e unità nazionale.
Riusciremo noi italiani a capire l’importanza drammatica della partita che si gioca e ad evitare perdite di memoria, personalismi e divisioni che portano solo a sconfitte della nostra democrazia?

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

7 ottobre 2012

Spesa pubblica e costi della politica

Quando si parla di spesa pubblica si osservano i rapporti delle varie organizzazioni che studiano il problema: grafici, ranking, diagrammi. Scopri subito che nessuno dice la stessa cosa dell’altro e che le cifre assomigliano a opinioni perché cambiano i parametri e i punti di vista usati per valutare i diversi problemi.
Una cosa però è certa: l’Italia spende, più o meno, quello che spendono gli altri paesi europei e si colloca al decimo posto dei 27 Paesi dell’Unione europea per spesa pubblica.
In proporzione al PIL prodotto, inoltre, la spesa pubblica italiana è tra le più basse.
Chi sostiene che il problema italiano è la spesa pubblica dovrebbe guardarsi la seguente tabella:
Bisogna però dire che la spesa pubblica italiana sta aumentando in percentuale rispetto al PIL perché da noi la produzione stagna, le industrie falliscono, l’economia non riprende il suo ciclo benefico.
Questa è la grande differenza con la Germania dove l’economia tira e le aziende producono ed esportano.
E’ necessario aggiungere che negli ultimi 10 anni sono aumentate le spese militari soprattutto per le missioni all’estero. La sola guerra in Libia voluta dal governo Berlusconi, per esempio, ha esaurito l’80% dei nostri armamenti missilistici in dotazione all’aviazione, tutta "roba" che andrà ricomprata.

(leggi “Ricordate la Libia?” del 21 gennaio 2012,
http://paologls.blogspot.com/2012/01/ricordate-la-libia.html)

Un discorso serio andrebbe fatto non sull’entità globale della spesa pubblica, ma su come funzionano i servizi pubblici in relazione a quanto costano.
Qui si entra in un tema scottante perché gli stessi sindacati, non solo lo Stato datore di lavoro, spesso non vogliono considerare cambiamenti se questi vanno a toccare privilegi acquisiti o bacini elettorali di riferimento.
Spesso i nostri servizi non sono all’altezza, è vero, ma a volte si esagera nelle critiche e si fa finta di non conoscere i disservizi degli altri paesi: basterebbe entrare in una scuola pubblica inglese o prendere un autobus per pendolari a Londra.
Si sa, l’ignoranza è sorella della cattiva politica.
Se un servizio fa schifo sarebbe meglio chiuderlo, far pagare meno tasse e dare buste paga più grandi.

Io voglio una usl in grado di fare le analisi come il miglior laboratorio privato e non voglio pagare tasse per avere un laboratorio usl che non funziona.
Voglio una scuola bella, pulita, con spazi e risorse adeguate al compito, con docenti contenti e motivati, con studenti contenti e impegnati.
Voglio una Polizia che se vai a fare una denuncia per furto non ti guardano come se fossi un deficiente e una delle poche cose che invidio agli inglesi è Scotland Yard.
A Londra se ti rubano in un appartamento gli agenti vengono a rilevare le impronte digitali, se ti scippano su un treno ti chiedono di comporre l’identikit del criminale e lo fanno e diramano in poco tempo.
A me, esperienza vissuta sul treno Fiumicino-Roma, la polizia ha detto “Lei lo sa, no? Su quel treno salgono gli zingari e rubano, succede ogni giorno, noi non possiamo fare niente”.
Poliziotti sul treno, no??? Agenti nelle stazioni a rischio, no???
Ecco, se uno Stato funziona così a che serve?
Perché dobbiamo pagare tasse per servizi che non funzionano?
E così gli italiani si rassegnano e, in forme sempre più cupe, si allontanano dalle istituzioni, fanno da soli, che poi è il nostro male nazionale.

Inoltre le tasse andrebbero ridotte perché le prime vittime della forte tassazione sono gli italiani tutti che lavorano, operai e imprenditori.
Anzi mi viene da pensare in questo periodo di crisi proprio ai tanti piccoli imprenditori che danno lavoro, creano occupazione nel territorio, ma sono strozzati dai debiti.
Lo stato li lascia soli, al pari degli operai che perdono tragicamente il lavoro, anzi gli manda Equitalia a dare il colpo di grazia prima del fallimento in tribunale.

Ritornando alla spesa pubblica c’è una voce che si discosta ed è dissonante rispetto alle altre nazioni europee: i costi della politica.
I costi della politica non sono solo, caro Rob - Roberto (vedi i commenti a Il nuovo che avanza del 29 settembre scorso), gli stipendi dei parlamentari e dei commessi della Camera e del Senato.

I costi della politica sono negli incarichi e nelle “poltrone” che a decine di migliaia vengono dati, oltre che al Quirinale, alla Presidenza del Consiglio e alle due Camere, con tutto il corredo di palazzi, case, uffici e auto con autista, agli apparati meno vistosi ma ancora più dispendiosi delle Regioni, delle Province, delle aziende a partecipazione statale, regionale o provinciale, agli incarichi “politici” delle direzione usl, negli enti di stato, nei grandi Comuni con il corredo sterminato di assessori, esperti e politici di ogni categoria che finanziano enti e progetti creati ad hoc, cioè per ingrassare loro con i soldi nostri.
La spesa più grande, in questo caso, primo posto in Europa, è in Italia.
Questa è l’Italia “politica”, alleata delle mafie di ogni genere e di ogni territorio, che io non voglio vedere più.
E poi, cari amici, le spese della politica vanno ridotte drasticamente per due ragioni.

Primo, per non rendere appetibile la carriera politica ai mascalzoni.
Secondo, perché è l’unico modo per ricucire una relazione tra Stato e italiani che è morta da un pezzo.

Il nostro bel Paese è in agonia da un punto di vista civile: non c’è collante, non esistono miti fondanti, non ci sono belle storie da raccontare e di cui essere orgogliosi. Destra e Sinistra si sono affrontate a colpi di bassa politica ed è rimasto il deserto dei politici che rubano, dei carrozzoni sindacali che fanno clientela, delle complicità diffuse, degli scandali che si susseguono da decenni senza soluzione di continuità.

Non c’è Italia pensabile in futuro senza una “politica” dimezzata e interamente ripensata.
E tutti quelli che amano l’Italia, veramente e non a chiacchiere, lo sanno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

4 ottobre 2012

Oggi come ieri.

C’è un popolo che tenta di “rimuovere” il problema delle sua identità.
Siamo noi, gli italiani. Le frasi che si sentono spesso tra italiani sono “se fossimo un paese normale”, “se l’Italia non fosse Terzo Mondo”, “siamo allo sfascio”.
Noi italiani, spesso, parliamo come se gli italiani fossero gli altri. Anzi in Italia tutti gli italiani parlano degli italiani come “gli altri”. Ognuno ci tiene a questa distinzione.
Le ferite inferte dalla politica, una volta si diceva “la cattiva politica”, oggi si dice “la politica” senza distinzioni, promuovono in ognuno di noi sconcerto, sdegno, rabbia e, infine, cupa rassegnazione. Siamo inclini al rapido tumulto, ma accettiamo troppo presto il vuoto della memoria. E’ successo spesso, nella nostra storia, di non fare i conti col passato.

Non sono stati fatti i conti col passato fascista, per esempio, e ha fatto comodo a tanti, troppi, pensare che il popolo italiano avesse semplicemente “subito” la dittatura. La Sinistra non ha mai capito, o non ha voluto capire, l’ampiezza dell’appoggio popolare al fascismo. Dopo l’8 settembre, altra data rimossa della storia italiana, gli italiani si sono divisi in una miriade di posizioni diverse. Alcuni fascisti sono rimasti fascisti, altri sono rimasti tali per necessità imposta, ma pronti a dimenticare in fretta. Molti italiani hanno iniziato una tenace forma di resistenza civile al fascismo e all’occupazione nazista. Se ne sono infischiati dei bandi fascisti e hanno salvato, ospitandoli, ebrei e prigionieri alleati in una misura eroica e in una quantità che non ritroviamo in altri paesi. Lo hanno fatto spesso al prezzo della loro vita. Molti hanno preso la strada della guerra armata per liberare l’Italia dai fascisti e dagli occupanti tedeschi. Altri si sono arruolati nell’esercito regio, il cosiddetto esercito badogliano. Altri si sono nascosti come e se potevano. E’ stata una guerra civile di proporzioni gigantesche con il Paese occupato da due eserciti e il fronte di guerra che travolgeva, giorno dopo giorno, ogni casa, ogni città, ogni famiglia. Eppure di questa tragedia di proporzioni gigantesche, così complessa da interpretare, non si è parlato. Pochi libri e tutti con specifici punti di vista ideologici, diversi tra loro, pochi film e quasi tutti commedie che facevano ridere con un Alberto Sordi nel personaggio fisso del cretino.

Non sono stati fatti i conti con gli anni 70 che sono stati “rimossi” senza pervenire, non dico ad analisi unitarie, ma quanto meno a ipotesi interpretative di natura conclusiva.
E non sono stati fatti i conti con Tangentopoli e col “fenomeno” Berlusconi.
Su ognuno degli argomenti citati c’è la guerra civile come il giorno dopo l’8 settembre…

Anche oggi è così. Gli italiani sono lividi di rabbia nei confronti dei politici che rubano, i politici che dicono ma non fanno, promettono ma non mantengono.
Però i fatti politici e gli scandali si succedono nella generale indifferenza della popolazione più comune.
E’ evidente un deficit di educazione storica, civica, politica nel popolo italiano.
Spesso “sopportiamo” questo deficit grazie all’umanità generosa di cui siamo dotati, ma nelle epoche in cui la nostra storia va cambiata, governata e diretta, questo non basta.
Manca la coscienza della nostra identità nazionale che ritroviamo solo davanti alle nostre opere d’arte circondate dai turisti, davanti alle bellezze naturali uniche, di fronte al cibo cucinato come solo da noi, di fronte ad una cordialità e generosità di stampo fraterno che resiste ad ogni crisi anche se è sempre più messa a dura prova.

Eppure questo arrabbiarsi contro l’Italia e contro noi stessi mostra solo l’amore che proviamo, ancora una volta, per la nostra straordinaria identità. Nessuno si arrabbia veramente per qualcosa che non ama. Il freddo silenzio è l’ingrediente migliore della separazione emotiva.
Gli italiani non sono capaci di silenzio, ma l’amore per l’Italia si veicola in forme confuse, imprecisate, e si mischia alla perdita di ogni memoria storica e ad un fenomenale e cinico individualismo.
Metti 10 italiani intorno a un tavolo a discutere ed avrai 10 posizioni diametralmente opposte e altrettanti attori protagonisti. Nella terra di Leonardo da Vinci ognuno si sente un genio, più bravo e furbo di tutti gli altri.
L’orizzonte dell’uomo politico italiano, poi, è circoscritto dalla difesa del suo particolare interesse. Sottoposti a secoli di invasioni, dominazioni, guerre, alleanze, emigrazioni ed immigrazioni, noi italiani, al centro di tre continenti, abbiamo preso il meglio e il peggio dei popoli intorno a noi: Europa, Oriente, Africa, Mediterraneo, Sud, Nord.

E’ la teoria del “popolo ponte” che ho già delineato con chiarezza: vedi “Il Popolo Ponte” del 22 marzo 2011,
http://paologls.blogspot.com/2011/03/unita-ditalia_22.html,
un post già letto da migliaia di lettori come voi e che spero diventi il titolo delle ricerche che sto conducendo.

Di questa perenne confusione siamo spesso stanchi e invidiamo i popoli che hanno un’identità, magari discutibile o antipatica, ma chiaramente definita.

Eppure la nostra complessità è la nostra qualità umana più grande.
Se solo ne avessimo coscienza e sapessimo farne un uso tanto orgoglioso quanto misurato e consapevole.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
PAOLO GIUNTA LA SPADA

1 ottobre 2012

Le previsioni di fine settembre 2012.

Un "gioco" immaginario, ma un gioco maledettamente serio...

1) Siamo nel giugno del 2013. Elezioni politiche in Italia. Tre partiti hanno più voti degli altri. Sono il Partito Democratico che ottiene il 18%, il Popolo della Libertà con il 18% e il Cinque Stelle con il 17%.
Difficile fare alleanze di governo. Dopo una lunga e critica consultazione si torna ad un governo a direzione tecnica con l’inserimento di alcuni ministri di PD PDL e UDC. Berlusconi ottiene la garanzia che il sistema radiotelevisivo nazionale non subirà mutamenti.

2) Il Popolo della Libertà (23%) è il primo partito grazie alla frammentazione dei partiti della Sinistra che tutti insieme raggiungerebbero quasi la maggioranza assoluta, ma divisi (PD 18%, Cinque Stelle 18 %, Di Pietro 7%, altre liste di Sinistra 5%) vengono ancora una volta battuti da Berlusconi che ottiene l’incarico di formare il nuovo governo. Per disporre di una larga maggioranza l’ex-premier apre a Casini, che accetta; all’area dei “tecnici”, che accettano; alla Lega, che si spacca in due diversi partiti del Nord, uno berlusconiano e uno di opposizione.
Le liste Santanchè-Storace offrono la loro piena collaborazione. Inoltre l’ex-premier fa “campagna-acquisti” nelle altre formazioni fino a raggiungere una maggioranza schiacciante. L’area dei cosiddetti “Responsabili” guidata da Scilipoti si ingrossa fino a diventare formazione di governo.

3) La Coalizione di Centro Sinistra vince, ma, a causa delle solite divisioni, del successo di Grillo e del forte astensionismo, per pochi voti come nel 2006.
Bersani ottiene l’incarico, ma dopo 8 mesi, la maggioranza si sfalda sul tema del matrimonio gay. A causa del cosiddetto “fuoco amico” si va a nuove elezioni e si ricomincia tutto.

4) Altro?

Molti italiani pensano o sperano altro, ma la realtà è che: la crisi economica è feroce, i settori imprenditoriali sono divisi, la Sinistra è divisa, la Destra ha i suoi problemi ma è meno divisa.
L'astensionismo e il successo di Grillo, insieme, contribuiranno a creare una forte condizione di instabilità politica.
Se dopo aver "parlato" di primarie per un anno, il Centro-Destra "richiama" Berlusconi la ragione è quella di sempre: riuscire a riempire il vuoto politico che si è creato. Certo, l'immagine non è quella di una volta, l'età è avanzata, ma l'impero finanziario e mediatico dell'ex-premier è più forte che mai.
E poi le alternative per gli elettori di Destra dove sono?
Chi sa parlare alla gente e apparire come un leader?
Nessuno si sforza di capire l'italiano che ha votato PDL o Lega.
Inoltre in Italia, si sa, il voto si sposta spesso all'interno degli schieramenti di Destra e di Sinistra, molto più raro che un elettore di Destra voti Bersani o un elettore di Sinistra voti Berlusconi.
Ora, secondo me, Grillo "pescherà" molto più a Sinistra che a Destra. Mentre la Destra potrà perdere la partita solo se l'astensionismo sarà elevatissimo come è successo nelle ultime regionali-provinciali, ma si sa che alle politiche gli italiani non mancano mai...

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada