24 giugno 2010

Un Mondiale di calcio è un’ottima occasione per studiare umori, razzismi e relazioni di amicizia tra i popoli. Anche se non lo dicono, i francesi detestano gli italiani che ricambiano l’antipatia, ditemi quale italiano non ha goduto per l’eliminazione della Francia in Sud Africa e quale francese non ha gioito ai gol slovacchi di questa sera. I giornali tedeschi ignominiosamente scrivono degli italiani, “Mafia e spaghetti”, ma in realtà “rosicano”; in effetti avevo 15 anni quando l’Italia capitò in semifinale con la Germania e vinse 4 a 3 a Città del Messico in una partita che facemmo di tutto per perdere, ma che era impossibile non vincere visto che eravamo nettamente superiori. Sfido un solo 60enne a dirmi che non si ricorda il quarto gol dell’Italia, di Rivera, splendida pennellata alla destra del portiere tedesco. I tedeschi li incontrammo ancora nella finale di Spagna ’82: finì 3 a 1 per noi e sbagliammo pure un rigore con Cabrini, c’erano i mitici Tardelli, Bruno Conti, Paolo Rossi… Anche a Berlino nel 2006, in uno stadio tutto rosso, giallo e nero, ci giocammo la semifinale con la Germania: tempi supplementari e 2 a 0 per noi, Grosso su assist di Pirlo e, subito dopo, Del Piero. I Mondiali sono come la Prima Comunione, la laurea, il matrimonio e l’acquisto della casa, scandiscono la vita e non ho mai capito tutti i radical-chic che ti considerano matto se accenni con nostalgia a Domenghini e Riva. Anch’io, se c’è l’amore di mezzo, non guardo la partita e mia moglie può testimoniare che, in vacanza in montagna, preferii andare a cena fuori, passare la serata con lei, e sapere il risultato della finale Italia Brasile del 1994 la mattina seguente.
Quest’anno il Mondiale dell’Italia è andato male, anzi direi che è andato “all’italiana”.
Prima di tutto, fedele alla faciloneria che caratterizza l’identità nazionale, Lippi ha fatto lo stesso errore di Bearzot nel 1986. Si è affidato, specie per la difesa della squadra, ai campioni del 2006: Cannavaro, 37 anni, per tre partite di seguito è stato una vera tragedia e ha fatto fare la figura dei fuoriclasse a giocatori sconosciuti. Molti dei prescelti da Lippi erano, si può ormai usare il passato, della Juventus, ben 9 giocatori nonostante la Juventus abbia fatto un pessimo campionato. Qui entra un altro problema nazionale, la convenienza, il conflitto di interesse, il gioco della lobby da privilegiare a scapito dell'interesse comune. Poiché Lippi è stato a lungo l’allenatore della Juventus, e probabilmente lì tornerà, ha pensato bene di ignorare i calciatori delle altre squadre.
Il terzo aspetto che colpisce: dopo i primi due penosi pareggi Lippi dichiara: state tranquilli, “non è la mia ultima partita in azzurro”, dice che "nel 1982 l’Italia passò il primo girone con tre pareggi e poi vinse il Mondiale". Non dice che cosa non ha funzionato nelle prime due partite, non conduce analisi, non descrive rimedi, per lui va tutto bene, “adesso viene il bello”, afferma prima della partita con la Slovacchia.
In sostanza, si affida alla buona sorte, altra malattia nazionale. Noi Italiani sappiamo, se studiamo la storia, che cosa è successo quando ci siamo affidati alla sorte: l’8 settembre, la Grecia, Adua, Lissa, Custoza, Caporetto…
Tutte occasioni in cui la faciloneria si è mischiata alle convenienze personali di re e generali. E, non disponendo di altre armi, ci si è affidati alla buona sorte.
Un quarto punto da considerare è che per un italiano non c’è peggior nemico di un altro italiano. Lo impariamo dalla storia del passato e del presente, dalla politica, anche dallo sport.
Io ho un amico interista che tifava per la Slovacchia. Sulla Lega, su Bossi e su radio Padania che tifano sempre per gli stranieri e sono sempre contro l’Italia ci sarebbe da fare un lungo discorso. Loro sono al Governo della Repubblica Italiana e contemporaneamente all’opposizione; loro sono Ministri ma non vanno al 2 giugno; loro prendono i propri lauti stipendi da ministro, onorevole e senatore dall’Italia, ma sono contro il tricolore; loro siedono sugli scranni di Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama e portano la cravatta e il fazzoletto nel taschino di colore verde. Sono, spero che almeno se ne rendano conto e comincino ad averne vergogna, la quinta essenza della peggiore “meridionalità”. Se mai esistesse un carattere del genere, sintetizzato dall’immagine simbolo del “piede in due scarpe” o dell'Arlecchino servo di due padroni, l'attore fisso sarebbe un politico della Lega Nord pronto a salire sul carro di chi vince in qualunque occasione (perchè nel 2006 eran tutti tifosi d'Italia?), pronto a dire una cosa e a farne un’altra pur di mantenere il potere, col fazzoletto verde o il tricolore a seconda di cosa conviene e di chi paga, un settentrionale che non si rende conto di aver perfino smarrito la squisita civiltà del suo stesso Nord. Che preferisce strillare il “celodurismo” da stadio invece di capire il Paese complesso che dovrebbe amare e nel quale vive. L'Italia è per sempre. Invece Destra e Sinistra storiche, fascismo, DC, PCI, Berlusconi e Lega durano una stagione e finiscono.
Del resto anche nel tifo calcistico gli italiani si distinguono. Quando l’Inter ha giocato in Coppa Campioni contro il Bayern metà Italia tifava per il Bayern, lo stesso facevano gli interisti quando giocavano la Roma, il Milan o la Juventus. Sono l’unico tifoso italiano che non tifa mai contro, che è sempre per le squadre italiane di qualsiasi città e ovunque esse giochino. Al massimo nutro qualche simpatia in più per le piccole provinciali dove il calcio è ancora passione e le squadre non si costruiscono con i soldi di Agnelli, Berlusconi e Moratti, ma questo è un altro discorso.
Un'ultima considerazione: tutte le squadre hanno decine di giocatori stranieri naturalizzati, o immigrati che sono diventati "nazionali". Ne ha sempre avuti la Francia, e l'Inghilterra, ora li ha anche la Germania con l'attacco polacco e il centrocampo turco. Noi di questo fenomeno che fa più forte ogni squadra non ce ne siamo neanche accorti. Thiago Motta, il fortissimo difensore dell'Inter, è cittadino italiano da 4 anni e ha dichiarato, naturalmente prima del Mondiale, "Sarei felice di giocare nell'Italia di Lippi".
A me sarebbe piaciuta la coppia Okaka - Balotelli almeno in panchina.
Lippi ha sbagliato su tutto ed è giusto che oggi si dica con chiarezza, ma molti sarebbero saliti sul suo carro, come nel 2006, se solo avesse vinto.

Consoliamoci con i gol di Quagliarella e Di Natale. Splendidi.
All’italiana...