17 settembre 2012

Una storia italiana

Un criminale all’opera.

Il 5 maggio 1936 le truppe italiane agli ordini del generale Pietro Badoglio entrano in Addis Abeba.
Il 20 maggio Badoglio, a cui non sfugge la situazione di precarietà delle truppe italiane, sottoposte al costante attacco dei resistenti etiopici, rientra a Roma per riscuotere premi e donazioni, tra l’altro una sontuosa villa in Via Bruxelles a Roma.
Rodolfo Graziani viene nominato da Mussolini vicerè, governatore generale e comandante superiore delle truppe in Etiopia.
In data 8 luglio 1936, con telegramma riservato n. 8103, il dittatore Mussolini scrive a Graziani:
“Autorizzo ancora una volta Vostra Eccellenza a iniziare e condurre sistematicamente la politica del terrore e dello sterminio contro i ribelli e le popolazioni complici. Senza la legge del taglione al decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma.”
Graziani non ha bisogno di tali sollecitazioni: lo ha dimostrato in Libia dove si è distinto per la furia cieca con cui ha devastato intere regioni e ha fatto morire migliaia di civili nei campi di concentramento della Cirenaica (in verità copiando il modello inglese di campo di prigionia per le popolazioni indigene dell'Africa coloniale).

In Etiopia, il Maresciallo dà l’ordine di usare il gas. In pochi giorni vengono sganciate sulle inermi popolazioni etiopiche 60 tonnellate di iprite e fosfogene, sono rasi al suolo e incendiati migliaia di villaggi, deportate intere popolazioni, passati per le armi centinaia di contadini che hanno la sola colpa di amare la propria Patria e di non accettare la presenza dell’invasore.
Le truppe italiane annientano le residue forze dei fratelli Cassà, di Ras Immirù e Ras Destà e nel marzo del 1937 la conquista dell’Etiopia può dirsi conclusa.
Contravvenendo alle regole di guerra per i prigionieri, Graziani fa fucilare Ras Destà, i fratelli Cassà, i sacerdoti Petros e Micael.
Il 24 febbraio del 1937 la Gazzetta del Popolo, con firma del segretario fascista Guido Pallotta, scrive: “E nello scroscio del plotone di esecuzione echeggiò la più strafottente risata fascista in faccia al mondo, la sfida più cocente alle turbe sanzioniste. Schiaffone magistrale che il Capitano Tucci (ndr.: il capitano Tucci è colui che ha catturato Ras Destà con gli ultimi 40 fuggiaschi a Maskan) menò nella maniera squadrista sulle guance imbellettate della baldracca ginevrina.”

L’attentato

Il 19 febbraio 1937 si svolge ad Addis Abeba la cerimonia di distribuzione di denaro a beneficio dei poveri. Dalla folla di straccioni si levano due giovani studenti che lanciano 8 bombe a mano di fabbricazione italiana: sette morti, una cinquantina di feriti tra cui diversi generali e lo stesso Graziani.
La rappresaglia che segue, ordinata da Graziani, è un crimine contro l’umanità.
Le diverse fonti non concordano sul numero di civili uccisi, ma è documentato che le vittime furono almeno 3.000. Con le bombe a mano, a colpi di fucile, di sbarre di ferro, o con le baionette, il massacro inizia nel primo pomeriggio del 19, dura per tutta la giornata del 20 e fino alle luci dell’alba del 21 febbraio. La parte povera della città viene interamente bruciata.
Il 21 febbraio 1937 Mussolini invia a Graziani il telegramma n. 93980:
“Nessuno dei fermi già effettuati e di quelli che si faranno deve essere rilasciato senza mio ordine. Tutti i civili e religiosi comunque sospetti devono essere passati per le armi e senza indugi. Attendo conferma.”
Il “macellaio” Graziani non delude il dittatore: ancora fucilazioni e deportazioni. Vengono uccisi perfino 70 cantastorie e indovini accusati di cantare o predire la fine della dominazione italiana sull’Etiopia.
A maggio è lui che scrive a Mussolini. Alla fine di una delle tante “giornate di lavoro” telegrafa: “oggi sono stati incendiati 115.422 tucul, tre chiese e il convento di Gheltenè Ghedem Micael”.

Debre Libanos

Il 19 maggio Graziani si presenta a Debre Libanos. Per “attaccare” il monastero non usa le truppe cristiane, ma i mussulmani libici e somali e la banda degli “eviratori”: i Galla di Mohammed Sultan.
Il 21 maggio vengono barbaramente fucilati 297 monaci, 129 diaconi, più tutta la popolazione laica di Debre Libanos per un totale di circa mille vittime. Mai nella storia d’Africa si è verificata una strage di religiosi di così vaste proporzioni.
Graziani rivendicherà con orgoglio, nel suo Memoriale, l’eliminazione del clero cristiano di Debre Libanos e di altre regioni del Paese.
Nel 1938 è tra i primi firmatari del Manifesto sulla Razza che di fatto inaugura la politica di persecuzioni razziali in Italia e nei territori delle colonie.
Altro che buon soldato...

Si potrebbe continuare a raccontare le “gesta” di Rodolfo Graziani in Etiopia a lungo, visto che la lista dei delitti commessi dal “macellaio” è lunga, quasi infinita.
Dopo i crimini commessi in Libia e in Etiopia, Graziani dimostra pessime doti di comandante in Libia nel 1941. I soldati italiani, decisamente inferiori per mezzi e numero, si battono fino all’ultima munizione contro le truppe britanniche, ma Graziani si tiene sempre lontano dal fuoco della prima linea e non sa coordinare i movimenti del fronte. Le truppe italiane vengono lasciate senza rifornimenti, né viveri, e condannate, nonostante il valore della loro straordinaria resistenza, ad essere sopraffatte.
L'11 febbraio del 1941, a causa della sua condotta e incompetenza, Graziani viene destituito da Mussolini. Il Duce vuole processarlo per codardia. Il fascista della prima ora Roberto Farinacci lo accusa di vigliaccheria. La commissione d’inchiesta del regime fascista, diretta dall'ammiraglio Paolo Thaon di Revel, conclude i lavori nel marzo 1942 senza prendere provvedimenti, ma per due anni Graziani rimane senza alcun incarico.

In Italia...

Dopo la destituzione di Mussolini del 25 luglio 1943, e dopo l’8 settembre con l’inizio dell’attività partigiana dei patrioti italiani, Graziani si distingue nuovamente. Come ministro della Repubblica Sociale Italiana non è responsabile di eccidi perpetrati a danno di popolazioni straniere. Questa volta fa massacrare i suoi stessi connazionali: gli italiani.
Ma forse l’atto più riprovevole per i suoi stessi camerati fascisti lo compie la sera del 29 aprile 1945. Nei giorni precedenti i patrioti italiani avevano chiamato all’insurrezione finale contro il nazifascismo e le città venivano liberate, una ad una, dalle colonne armate dei combattenti per la libertà.
Mentre la battaglia infuria, Graziani lascia i suoi camerati senza alcun comando e soli: già ai primi d'aprile è riuscito a stabilire contatti in gran segreto con gli Alleati. Il 29 aprile raggiunge alla chetichella il IV Corpo d’Armata statunitense al quale si consegna per sfuggire ai patrioti che lo cercano per fucilarlo. Un vero soldato dovrebbe morire con le armi in mano e non lasciare soli i camerati di tutta una vita!
Dopo un mese di reclusione a Roma viene inviato in Algeria come prigioniero di guerra presso il POW Camp n. 211 di Cap Matifou e il 16 febbraio 1946 viene rinchiuso nel carcere di Procida.
Il 5 giugno 1948 viene processato per aver fatto parte della dirigenza fascista che ha condotto la nazione alla catastrofe: è condannato a 19 anni di carcere.
Nel clima di generale amnistia dell’epoca ben 17 anni sono subito condonati. Si riconosce che "l'imputato si è limitato ad obbedire ad ordini superiori e che non poteva incidere sulle decisioni del Governo della RSI". In realtà Graziani è stato Ministro della Difesa e responsabile del bando con cui erano condannati a morte i renitenti alla leva e i partigiani (il tristemente noto “bando Graziani”).
Americani e inglesi non mostrano interesse ad incriminare Graziani, nonostante le continue richieste da parte delle autorità etiopiche che hanno fornito la documentazione relativa ai crimini di guerra perpetrati dal “macellaio”.
Infine la Commissione delle Nazioni Unite conviene che esistono le ragioni per un processo a otto ex-gerarchi fascisti incluso Graziani, ma gli sforzi per processare Graziani vengono gradualmente abbandonati anche dall’Etiopia. La ragione principale è l’appoggio che il nuovo governo italiano, democratico e antifascista, sta dando al Paese di Haile Selassie sul tema dell’annessione dell’Eritrea.

Graziani sconta così solo 4 mesi di carcere.

Il Comune di Affile, cittadina della Ciociaria dove visse a lungo dopo la guerra e la scarcerazione, gli ha dedicato un mausoleo-monumento l’11 agosto 2012.
Il Corriere della Sera ha scritto il 12 agosto: “Tra accuse e interrogazioni alla governatrice Renata Polverini, il monumento è finito nella bufera. Bloccato tra gli anni Novanta e il Duemila, il mausoleo al gerarca fascista è stato riproposto e portato avanti, da circa un anno, dal sindaco Ercole Viri”.
Per fare il mausoleo sono stati spesi 127.000 euro dei contribuenti italiani in un’epoca di profonda crisi economica e di debito statale.
Questo monumento è un’offesa ai popoli italiano, libico ed etiopico che ebbero a soffrire gli ordini insensati, le persecuzioni, gli eccidi e le stragi perpetrate da Graziani.

Noi italiani ci associamo agli etiopici e ai libici che non vogliono questo monumento e chiediamo alle più alte istituzioni di rimuoverlo, o dedicarlo NON all’autore di crimini contro l’umanità, ma al contrario alle sue vittime, all’amicizia tra i nostri popoli, alla pace conquistata con la Resistenza, all’Italia del presente e del futuro che è orgogliosa della sua civiltà e ripudia, oggi come ieri, l’orrore del fascismo e delle sue leggi razziali.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

19 commenti:

Russel ha detto...

Grazie Paolo, ancora una volta...

Margherita ha detto...

Avevo sentito una breve notizia si TG3 e ovviamente mi sono indignata. Ora che ho letto il tuo riassunto mi associo alla richiesta di rimozione, suggerendo anzi l'istituzione di un museo che racconti i nostri fattacci. Mi ricordo come mi sentii contrita durante la visita al Palazzo (reale? Imperiale? Boh!) di Addis Abeba, quando la guida locale mi mostrò il balcone da cui Graziani incitava ai vari sterminii: un istinto di repulsione mi fece indietreggiare. E il silenzio di Debre Libanos, dove sostai in raccoglimento VERGOGNANDOMI di essere italiana. Se non siamo in grado di stendere un pietoso velo e siamo tanto assetati di "revisionismo storico", abbiamo allora il coraggio di ammettere le nostre vergogne!

Liliana V. ha detto...

Grazie, ce n'è bisogno!

Edoardo ha detto...

Un post che ci voleva! Ho letto articoli in inglese sull'argomento. In Italia il fascismo non è mai del tutto scomparso

Anonimo ha detto...

Con 127.000 euro potevano costruire una scuola!

Stefano Parrettini ha detto...

Un post necessario, ma quello che indigna non è il monumento voluto da un amministratore ignorante e spendaccione ma il fatto che in Italia non ci si indigna più, si tira a campà, si affronta tutto con superficialità. Grazie!

GicoGì ha detto...

L'Italia sta perdendo la sua identità, se non ci svegliamo diventiamo una nazione senza identità e senza memoria. saluti da Londra

Raimondo Bolletta ha detto...

Grazie, purtroppo viviamo nell'ignoranza.

Anonimo ha detto...

il sindaco restiuisca i soldi, così la prossim volta che ha voglia di fare una c... del genere ci pensa su

luca ha detto...

Grazie Paolo, gli italiani di destra e di sinistra chiacchierano e intanto il paese va a fondo e quello che hai scritto è un esempio. Un monumento da 127.000 a Graziani è uno scandalo! Siamo in costante declino ma sembra non interessare molto e all'estero tu sai bene cosa pensano e quanto è difficile
Saluti

marico ha detto...

Grazie Prof

Lucio ha detto...

La storia purtroppo non è nuova e non per questo è meno dolorosa...e purtroppo se ne sono aggiunte molte altre di catastrofi simili.
LB

Matteo B. ha detto...

Quanti come Graziani si sono riciclati e infiltrati nell'Italia repubblicana dopo la guerra?
La realtà è che l'Italia non ha mai fatto i conti col suo passato. A scuola si dovrebbe studiare la materia storia d'Italia

Nico ha detto...

Non dimentico mai visita di Debre Libanos

Roberta D ha detto...

Gli italiani, noi italiani, siamo un popolo che dimentica. Sarà il retaggio cattolico, sarà che cambia sempre chi ha il potere, gli italiani soffrono di amnesie storiche e politiche. Questa di Graziani e delle stragi cmmesse è una di quelle amnesie gravi. il sindaco di quel paese ciociaro deve essersi bevuto il cervello. Se proprio voleva fare un monumento se lo poteva pagare lui coi soldi suoi

Filippo Ieranò ha detto...

ciao Paolo,
il tuo post, che condivido totalmente, mi permette di sollevare anche la questione relativa ai monumenti ai caduti. Realizzati negli anni Venti per i caduti della grande guerra, sono stati spesso usati per apporvi targhe di caduti della guerra di Spagna, della guerra d'Etiopia, della seconda guerra mondiale, delle missioni di pace. E' la solita confusione della memoria che vede i caduti di Salò equiparati ormai ai caduti per la libertà. Inoltre, nessuna considerazione per le morti silenziose dei civili che hanno pagato con la vita la resistenza nonviolenta all'occupazione nazifascista.
Il tuo post ha il merito di denunciare con chiarezza la confusione delle idee e della memoria storica, perchè parlarne è già cambiare le cose.
Ciao
Filippo

paologls ha detto...

Grazie infinite a tutti voi. Nei vostri commenti c'è un'Italia che, pur nelle difficoltà e nelle momentanee amnesie, non dimentica, e tiene viva la sua storia.

tantoviola ha detto...

Grazie ancora una volta, Paolo. I nostri studenti hanno bisogno di studiare la storia con te e noi abbiamo bisogno dei tuoi riflettori sulla nostra cattiva coscienza.

Amedeo Marini ha detto...

Uno script che ha il merito di unire i riferimenti ai documenti dell'epoca ad una prosa scorrevole ed efficace. Complimenti. La mia domanda: quanti italiani sanno e conoscono queste vicende storiche?