28 novembre 2013

Appunti scritti in fretta.


Ma sì, sono in viaggio come sempre, ma questa volta in Italia. 

Molti amici sono contenti di rivedermi, altri li incontravo di più quando ero all'estero. 
Infatti adesso non ho tempo, macino centinaia di chilometri a settimana, insegno, studio, leggo, lavoro, e oggi, dopo aver a lungo spalato la neve che da due giorni mi assedia, ho fatto le medie di tutte le mie classi per il pagellino del primo bimestre. 


Bene, voglio subito deludere tutti quelli che mi dicono "non dovevi tornare, meglio all'estero, ma che torni proprio adesso che c'è questa crisi?". 
Sono felicissimo di vivere in Italia, orgoglioso ogni giorno di poter parlare la mia amata lingua, felice di dare il mio piccolo contributo ai miei studenti e alle istituzioni, grato al paesaggio di segni semantici che mi accoglie ogni giorno,
Un po' meno del paesaggio climatico: oggi il cielo è nero, fa freddo e ho mal di gola perchè a forza di spalare ho sudato, e non mi sono accorto, scoprendomi, che la temperatura era 2 sotto zero.

Una delle malattie che non sopporto dell'Italia di oggi è la lamentela continua, il piagnistei tanto più elevato quanto più scarsa è la capacità di assumersi le proprie responsabilità.

E' vero, l'Italia di oggi assomiglia, in forme certo diverse, all'Italia del 1943. 
Un Paese in disfacimento, ferito da una crisi economica, civile e morale e da un clima generale che assomiglia a un disastro finale, alla perdita dell'identità,  allo smarrimento definitivo dell'anima.
Non sopporto la faciloneria con cui l'ex-premier parla di libertà, di Ebrei perseguitati, o di colpo di stato; lui che in vent'anni si è impadronito dell'Italia e della sua immagine al punto di consegnare al mondo l'immagine infangata di un Paese bunga-bunga, escort, frodi fiscali e furbizie facili facili.
Gli sono andati dietro milioni di italiani ai quali piacciono le escort, il bunga-bunga, le frodi fiscali e le furbizie facili facili.
Non sopporto la faciloneria con cui molti oggi festeggiano la decadenza dell'ex-premier, o parlano di svolta epocale, senza capire che il suo gruppo finanziario e mediatico è tra i più ricchi del mondo ed è in grado di influenzare l'Italia ancora per molti molti anni.
Alfano, un giorno prima delle elezioni, tornerà da Berlusconi e, soprattutto, ai suoi soldi, così determinanti in ogni campagna elettorale per far vincere una coalizione di Centro Destra.

Come nell'Italia del 1943 non serve stare a guardare cosa fanno gli altri. 
Che ognuno si prenda le sue responsabilità e faccia il suo dovere.
Il declino di questo Paese è incontestabile, ma si può fermare.
Ma non servono le bugie di un triste ottantenne, nè feste bunga-bunga, nè talk-show urlati, nè vaffa day, nè larghe intese, nè indulti, nè prescrizioni, nè amnistie.
A un popolo che non sa stare zitto neanche a un funerale o ad un inno nazionale, serve serietà, il lavoro fatto in silenzio, l'orgoglio dell'umiltà, la forza trascinante dei sogni, la voglia tutti insieme, o almeno in tanti, di rifondare l'Italia per risentircela come casa nostra e nostra Madre.  

Ha smesso di nevicare.

Paolo per
I&W


7 novembre 2013

Barbarie.


L'ex-premier Berlusconi ha dichiarato che si sente un perseguitato alla stregua degli Ebrei che furono perseguitati dalle leggi razziali naziste in Germania e fasciste in Italia, norme aberranti che condussero allo sterminio di 6 milioni di Ebrei in Europa. 

La rivista americana Fortune ha stabilito che la famiglia Berlusconi è tra le 100 famiglie più ricche del mondo e, in effetti, l'ex-premier possiede, specialmente in Italia, banche, case editrici, giornali, settimanali e mensili, televisioni e radio, supermercati, catene di negozi e imprese. 
Si deve anche ammettere che l'ex-premier ha governato l'Italia per circa 16 anni occupando con i suoi uomini tutti i gangli vitali del potere nel nostro Paese e ha dato le dimissioni, nel novembre 2011, dopo aver condotto l'Italia sull'orlo della bancarotta pur di favorire con leggi ad-personam il suo impero finanziario e commerciale. 

Non credo che una persona così ricca, privilegiata e potente, possa paragonarsi ai milioni di Ebrei perseguitati, deportati sui vagoni piombati, torturati, massacrati e uccisi dal nazifascismo. 

E' un'offesa  alla memoria di quei perseguitati che pagarono con la vita senza alcuna colpa. 

E' superfluo aggiungere che l'ex-premier è stato condannato in tre gradi confermati per frode fiscale, cioè per aver sottratto allo Stato italiano soldi che appartengono al popolo italiano. 
Poichè, fino a che le leggi della nostra Repubblica esistono, chi non paga le tasse, per milioni e milioni di Euro, è ladro. 
E se è ricchissimo e potentissimo è tanto più grave perchè non ha bisogno di rubare, nè dovrebbe dare il cattivo esempio che deriva da un comportamento che, oltre che come evasore fiscale, si è distinto come infangatore dell'immagine dell'Italia nel mondo: "campione" del bunga-bunga, pagatore di "escort", bestemmiatore di Dio (vedi storica barzelletta su Rosi Bindi), pluridivorziato, amico di minorenni dal nome esotico e dall'incerto lignaggio coperto da bugie ("Ruby è la nipote di Mubarak").

Si farebbe un torto alla Storia e alla Memoria delle persecuzioni naziste e fasciste se si accettasse di stare in silenzio di fronte alle affermazioni offensive dell'ex-premier.






6 ottobre 2013

La Casa della Memoria di Servigliano.


Un mese fa, nell'ambito della manifestazione Freedom Trails 2013, ho guidato a piedi un gruppo di 35 cittadini britannici e americani, dal cimitero di Servigliano, dove è sepolto Frank Hilton, a Santa Vittoria in Matenano, dove abbiamo reso omaggio al Monumento ai Caduti. 
Alla fine di ogni mio racconto tutti mi hanno ricordato che senza la generosità degli Italiani i loro padri non sarebbero tornati a casa. 
Mi sono sentito ancora una volta orgoglioso della nostra identità in un'epoca in cui non è facile essere orgogliosi del nostro Paese. 
Sono rimasto impressionato dal lavoro straordinario fatto per tanti anni da Antonio Millozzi, del Monte San Martino Trust, e da Filippo Ieranò della Casa della Memoria di Servigliano.

Come presidente della Casa della Memoria desidero anzitutto ringraziare Filippo Ieranò per la sua amicizia e per la sua insaziabile e insuperata opera di ricerca storica, organizzazione e produzione culturale. 
Grazie di cuore.

Spero di guidare la Casa della Memoria a nuovi e significativi  traguardi.
Lo farò con un gruppo di studiosi e collaboratori di grandissimo spessore umano e culturale: li ringrazio in anticipo per ogni volta che mi regaleranno consigli e avvisi dettati dall'amicizia e dall'esperienza.
Molti altri amici si aggiungeranno e troveranno il mio cordiale benvenuto.

La Casa della Memoria continuerà le attività di studi storici, ricerca e documentazione nelle quali si è distinta per anni:
sugli ex-prigionieri del campo e sulle famiglie che li salvarono dalla morte spesso al prezzo della loro stessa vita; 
sulla storia del campo nelle sue relazioni con il territorio; 
sul grandioso fenomeno, ancora poco indagato, della nostra Resistenza civile contro il nazifascismo; 
sulle vicende dei profughi del secondo dopo-guerra;
su tutto il Novecento d'Italia e in particolare sugli eventi drammatici che scandirono la vita delle nostre popolazioni a ridosso delle guerre, della dittatura, degli eventi che frantumarono tragicamente la nostra identità nazionale.

La C.d.M. vuole sviluppare con forza le attività didattiche con le scuole, le collaborazioni con le Università, la programmazione di mostre, conferenze e iniziative che rafforzino, con la maggiore conoscenza della nostra storia, il tessuto civile del territorio. 

La C.d.M. rivendica, a tale riguardo, la propria piena e completa autonomia e indipendenza come necessaria garanzia del rigore scientifico delle proprie attività e della qualità della sua offerta culturale.

La C.d.M. è lieta di collaborare con il Comune di Servigliano, la Provincia di Fermo e la Regione Marche e confida di rafforzare e ampliare i proficui legami già esistenti.

A breve pubblicherò idee operative e di organizzazione della nostra Associazione: darò la massima considerazione ai vostri suggerimenti.

A tutti l'augurio di buon lavoro e un caro saluto.
Paolo Giunta La Spada

29 settembre 2013

La trincea.


Il 30 giugno del 2012 alla fine dell'articolo "L'Europa di oggi e l'Italia di domani", scrivevo:

"Ci aspetta una campagna elettorale che già si intuisce densa di squallore. Andrebbero invece indicati due obiettivi fondamentali per il futuro d’Italia:

1) rafforzare la sovranità del popolo italiano, cioè l’azione dei nostri governi a difesa dei legittimi interessi della nostra economia. In risposta alle ingerenze degli organismi centrali europei e in contrasto ai condizionamenti e attacchi delle lobbies finanziarie e politiche internazionali;

2) rimanere in Europa, ma col preciso intento di rafforzare la condivisione dei valori liberali e democratici che l’hanno resa ciò che è: un punto di riferimento certo per la libertà dei popoli, per la tutela dei diritti civili, per lo sviluppo economico e culturale.

Al tempo delle elezioni gli italiani faranno bene ad evitare un generico voto di protesta: dovranno piuttosto individuare chi potrà essere in grado, per onestà, coerenza, preparazione professionale e culturale, capacità e convinzione, di portare avanti nel concreto di un mondo globale sempre più competitivo l’azione di un Paese che ha bisogno di un rilancio economico e civile."


Sembra che non sia cambiato nulla nel panorama politico italiano. 

Ad ogni elezione si fa credere all'elettore che stia per sopraggiungere il cambiamento positivo sempre sognato. 
Ad ogni elezione, in barba al conflitto di interessi, l'ex-premier Berlusconi "mette in campo" tutta la forza dei suoi giornali, delle sue banche e aziende, delle sue televisioni e radio.
Ad ogni elezione si spera di essere di fronte ad una nuova stagione di civiltà.

Poi si scopre che la guerra civile italiana riprende, eterna e immutata nella sua crudeltà, e che il Paese, il nostro amatissimo Paese, è in balia dell'ex-premier e di una politica sempre più urlata e cafona, incivile, ottusa e violenta.

Purtroppo, allo strapotere dell'ex-premier che con i suoi soldi può comandare in Parlamento come ai servizi sociali, non si oppone una Sinistra liberale e unita nell'intento di buttare fuori per sempre il marcio e le mafie.
Troppi compromessi, troppi interessi, molte divisioni, troppa faciloneria.

A tutto questo si aggiunge il M5S, una grande risorsa di voti che sembra sprecata se non serve a comporre una coalizione di governo e se non smette di acuire la crisi dello stato con gli insulti quotidiani alle più alte cariche della Repubblica.

Gli italiani, purtroppo, si sono assuefatti a questo clima barbarico di confronto: Berlusconi che ritira i suoi ministri come fossero pezzi di legno sulla sua scacchiera personale; 
Grillo che urla; 
il PD che da 20 anni sottovaluta la potenza economica di Berlusconi e l'impatto che ha sulla formazione delle opinioni nella società. 

Nel frattempo: non sono state abolite le provincie; non è stato limitato e disciplinato il finanziamento pubblico dei partiti; non si ipotizza l'abolizione del Senato, inutile doppione della Camera; non si parla di una Camera con massimo 500 deputati; non si parla di diminuire gli scandalosi stipendi di onorevoli, presidenti di regioni e provincie, assessori e direttori di aziende partecipate.

Il "banchetto" continua mentre la crisi imperversa e lascia senza soldi le tasche degli italiani.

Eppure siamo in tanti che ogni mattina lavoriamo e con orgoglio sosteniamo il peso del Paese, stretti nella quotidiana trincea dell'onestà e del lavoro pulito e ben fatto.


© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada 

22 settembre 2013

Oggi a Nairobi.


L'attentato di oggi a Nairobi con circa 30 morti e più di 50 feriti muove in me emozioni confuse, grande tristezza e alcune considerazioni.
Io a West Gate sono andato quasi tutti i giorni per 4 anni fino a luglio scorso: in banca, per comprare il pane, per prendere un caffè e incontrare amici, per fare la spesa e comprare frutta, verdura e quello che serviva ogni giorno in casa.
Non è "esclusivo" come ho letto sui giornali, è un mall come tanti a Nairobi, forse uno dei più belli, ma niente di particolare, un posto come tanti dove si va quando vivi in una città in Africa.
A Nairobi ce ne sono almeno altri 12 belli, grandi e funzionali come West Gate.
Casa mia è a 5 minuti di auto, dico casa mia perchè ci ho vissuto 4 anni e l'ho lasciata a luglio, e sono ancora pieno di ricordi e molti di quei ricordi attraversano i luoghi e gli spazi della città e si nutrono di persone e delle loro storie, di sguardi, occhi, corpi, colori, tagli diurni di sole e ombre di luci notturne.
4 anni che sono tutti dentro di me, negli occhi e nell'anima.
Ho sempre saputo che West Gate era un target, come altri mille posti a Nairobi, di un possibile atto di terrorismo di matrice islamica.
Ci pensi, ma se da trent'anni vivi girando il mondo non ci fai più caso, non vuoi farci caso.

Con amarezza: non mi stupisce che d'Africa e di città africane si parla solo quando c'è una carestia, una guerra o un attentato grave.
Tranquilli, già dopo domani, sui giornali dei grandi gruppi, non se ne parlerà più.
L'Africa per molti, troppi europei, resta il continente dove al massimo si va in vacanza a fare qualche foto esotica da far vedere agli amici, o si mette in pace la coscienza con un'adozione a distanza, o si va a lavorare ben pagati per qualche nota istituzione internazionale.
Berlusconi va in vacanza a Malindi nell'hotel di lusso di Briatore. Molti italiani vanno al mare in Kenya, o per parchi nazionali, molti, troppi, uomini e donne, praticano uno squallido turismo sessuale.
Il Kenya è presente col suo esercito in Somalia da più di due anni. Dopo che al-Shaabab ha sequestrato e ucciso in Kenya, specie sulla costa nord e nei dintorni di Lamu in particolare, il Kenya ha deciso di difendersi e il suo esercito è penetrato in profondità nel Sud della Somalia, ha liberato il porto di Kisimaio, ha indebolito le attività dei pirati somali.
I gìadisti che hanno attaccato West Gate, sempre che si confermi la matrice islamico-radicale dell'attacco, mostrano che nel pianeta c'è ormai un attacco trasversale e intercontinentale  che va dal Nord Africa all'Asia, dall'Africa Sub-Sahariana all'East Africa, dallo Yemen alla Siria, dal Pakistan all'Afghanistan, all'Irak.
E' un attacco armato globale e solo i benpensanti possono continuare a pensare che il mondo non è in guerra.

Molti errori sono stati commessi dal mondo liberal-occidentale, in particolare la guerra in Irak (con la scusa inconsistente delle armi di distruzione di massa), la guerra in Libia, l'intervento in Mali: guerre che hanno eliminato regimi laici e rafforzato il fondamentalismo d'origine islamica, vera peste del mondo contemporaneo.
Il mondo liberal-occidentale è incapace e assente in molti paesi come l'Egitto e la Siria che si trovano tra l'incudine della dittatura militare e il martello dell'integralismo islamico.
La globalizzazione economica di un pianeta con più di 7 miliardi di abitanti e la crisi produttiva che impoverisce vaste aree del pianeta, comprese quelle una volta stabili e ricche del Vecchio Continente, rende lo scenario mondiale sempre più soggetto al rischio di guerre estese e di conflitti che, a macchia di leopardo, si insinuano nel tessuto di ogni società.

Il richiamo alla pace, al confronto, alla ricerca di soluzioni mediate è l'unica via per lo sviluppo futuro del pianeta. 
C'è la necessità di educare le nuove generazioni ai principi della società liberale, alla pace, di investire nelle scuole, in particolare nei paesi più poveri e in quelli più sottoposti al radicalismo coranico dei gìadisti. 
Mi ricordo con orgoglio il ruolo di produzione e mediazione culturale di tutte le scuole italiane dove ho prestato servizio in giro per il mondo.

Mi viene poi da pensare, cambiando argomento, ai tanti amici che per anni hanno sostenuto che paesi come l'Egitto e il Kenya non sarebbero stati destabilizzati dal terrorismo radicale di matrice islamica.
In realtà non c'è servizio segreto che possa opporsi con la forza delle sue trame al disgregarsi crescente dei paesi poveri, anche i più stabili, specie se la crisi economica taglia in misura esponenziale le possibilità di finanziamento delle grandi potenze al mondo sottosviluppato.

Il mondo sta cambiando, ma in Europa non se ne sono ancora accorti. 



© RIPRODUZIONE RISERVATA PAOLO GIUNTA LA SPADA



http://paologls.blogspot.it/2011/10/pirati-somali.html
http://paologls.blogspot.it/2010/10/la-guerra-di-gennaio-2011-isola-di-lamu.html

22 agosto 2013

Egitto. Fine Agosto.


Fine Agosto.

La prima volta che sono stato in Egitto, alla fine degli anni 70, avevo chiesto ad un'amica residente al Cairo il nome di un taxi driver che mi potesse aiutare durante la visita.
Così conobbi Hamza.
La prima volta che lo vidi mi pentii  di aver chiesto aiuto alla mia amica Simona. 
In effetti Hamza era piccolo, magrissimo, sembrava un po' zoppo, e in effetti lo era, aveva la mano rattrappita e parte del braccio destro deforme, portava spessi occhiali da vista. 
Tutto poteva sembrare meno che un abile tassista privato che mi avrebbe fatto da guida per la città.
Dovetti ricredermi.
Hamza era sicuro di sè e molto abile nella guida, sempre gentile, calmo, discreto. 
L'handicap alla mano, piuttosto che essere di impedimento alla guida costituiva una sorta di stimolo ad una maggiore precisione nelle manovre. Per lui non c'era un parcheggio impossibile. 
Con lui Cairo divenne una città familiare, conosciuta in ogni suo angolo. Dalle botteghe beduine sulle stradine sterrate del Kan El Kalili al lungo Nilo dei quartier periferici, dal centro delle pasticcerie greche ai quartieri delle moschee, dalla città "morta", a Saqqara e alle piramidi di Giza, caffè dopo caffè, albergo dopo albergo, vicoli pieni di gente vociante, strade polverosissime, mercati fatti di odori, colori e suoni della lingua araba che si parla con l'accento tipico dell'Egitto.

Tornai al Cairo nell'inverno del 1982 e poi nel giugno del 1983 per accompagnare tre studenti della Scuola Italiana di Al-Khobar, Arabia Saudita, scuola dove insegnavo e che dirigevo, a fare gli esami di idoneità alla classe seconda del Liceo Scientifico. L'esame si svolse nel Liceo Scientifico italiano riconosciuto, che allora era diretto dalle Suore italiane.

Come sempre c'era Hamza.

Sono tornato al Cairo molte volte e c'era sempre Hamza con me, con la sua vecchia FIAT 128 verde scuro, lucida, curatissima, senza un granello di polvere. 
In tanti anni non l'ho mai visto fare un secondo di ritardo.
Aveva una visione politica distorta comune a quasi tutti gli egiziani: qualsiasi problema si considerasse per lui la colpa era "sempre di Israele". Del resto anche la sua mano rattrappita era "colpa di Israele". Ma era contento della pace: "perchè la pace è turismo, il turismo sono soldi, e i soldi sono famiglia che mangia. La guerra è questo..." mi diceva mostrandomi la mano dilaniata.

Nel 1991 sono andato a insegnare italiano al Cairo all'Istituto Don Bosco, fresco vincitore di concorso M.A.E.. 

Con una Peugeot 405 bianca sono andato a scuola tutti i giorni, ho girato per tre anni tutto l'Egitto, ho fatto la corte alla ragazza che poi è diventata mia moglie e lunghi viaggi nel deserto del Sinai, ma quando c'erano amici che mi venivano a trovare Hamza mi aiutava spesso per organizzare visite e gite, e quando sono andato all'aeroporto per l'ultima volta prima di partire per l'Etiopia c'era ancora Hamza con la 128 verde. 

Ogni volta mi sussurrava in inglese: "qui si fanno le elezioni, ma il candidato è unico, vince sempre Mubarak". 
"In Egitto non cambierà mai niente" mi diceva con aria sconsolata.  
"Addio Mr. Paolo" mi disse per l'ultima volta. 

Ho rivisto Hamza dopo molti anni, quando dovetti recarmi al Cairo per fare il Presidente degli Esami di Stato al Don Bosco di Cairo e di Alessandria. 
Hamza aveva ancora la 128 verde, si era comprato altre due auto e aveva due giovani autisti che l'aiutavano, sembrava aver fatto i soldi. Per me veniva sempre e solo lui, non mandava mai i suoi autisti.

Sono 16 anni che non lo vedo e gli ho telefonato una settimana fa. Vive sempre in centro. Parliamo con molta gentilezza dei reciproci ricordi. Mi racconta che ora non lavora più e che "l'Egitto è finito", ma che i 4 figli si sono sistemati tutti. Proprio tutti no, dice Hamza, c'è un problema con il più piccolo che lavorava bene con il governo, ma un giorno la Polizia se l'è portato via e non si sa ancora dov'è, ma è al Cairo. Mi chiede quando vado in Egitto la prossima volta. Gli chiedo che cosa pensa di tutto quello che sta succedendo nel suo Paese. Lui mi dice che "era meglio Mubarak" e risento la stessa voce sconsolata di quando tanti anni prima si lamentava che c'era sempre Mubarak e non cambiava mai nulla. 
La Fiat 128 ce l'ha ancora e va ancora bene e funziona anche l'aria condizionata che per un periodo si era rotta.

Ho vissuto al Cairo tre anni della mia vita. Per due anni nell'isola di Zamalek, in una casa che aveva una grande terrazza con una splendida vista sul Nilo. Poi, un anno, nel quartiere di Mohandessin. Dell'Egitto ho bellissimi ricordi. I viaggi in Sinai e nel deserto, i villaggi delle oasi, il mondo contadino, i templi antichi, l'eccitazione febbrile di ogni Ramadan, la simpatia degli egiziani.  
Anche di Cairo, città invivibile per il traffico, la polvere e il rumore, ho bei ricordi. 
Le passeggiate a Zamalek, i quartieri dei primi del Novecento, i caffè del centro, il vicolo dei fiorai dove compravo le rose, il profumatissimo pane baladi venduto per strada, i ristoranti sul Nilo, le visite a Nadia Leoncavallo, la nipote del grande musicista, gli amici egiziani, i miei ex-studenti, simpaticissimi. 
Posso dire che io e mia moglie dobbiamo molto all'Egitto: lì ci siamo incontrati e innamorati. Noi abbiamo sempre pensato e ancora oggi pensiamo all'Egitto come a un luogo magico. 

Vedere la sofferenza che sta vivendo ora il popolo egiziano ci arreca un grande dolore... 


© RIPRODUZIONE RISERVATA PAOLO GIUNTA LA SPADA


Vedi anche: 

(continua)


9 agosto 2013

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