25 febbraio 2012

Il dibattito no!


Scrivere non è un lusso.

Sul post “Un cinema delizioso” (20 febbraio 2012) ho ricevuto decine di mail e 9 commenti. Mi succede sempre di ricevere tante mail personali e pochi commenti al blog. Evidentemente dobbiamo essere un popolo di “confessori” e “confessi” che amano parlare nel segreto della posta personale e non si esprimono in pubblico. E’ triste, secondo me: ogni parola che non sappiamo regalare è una parola persa. Ogni giorno ci capita di incontrare persone, la vita è fatta delle loro parole, dei loro racconti, delle esperienze vissute e narrate, ogni storia ci dà il gusto della vita, il piacere dell’incontro. Scrivere e raccontare non è un privilegio da scrittore, ma un diritto-dovere-piacere molto nostro, molto umano.

Per nome e cognome.

Un’altra cosa che non capisco è perché le persone non si firmano con nome e cognome. Un blog come questo vorrebbe essere un piccolissimo contributo alla conoscenza culturale e, se ai lettori interessa, al dialogo partecipativo. Se le persone non firmano i commenti non c’è dibattito, c’è solo un nascondersi e guardare dal buco della serratura, stile Grande Fratello.
Ieri ho firmato un appello di Libertà e Giustizia: non condivido tutte le iniziative di L. e G., ma condivido quanto basta per firmare un appello con nome e cognome e prendermi le mie colpe e i miei meriti. Ecco, uno degli errori italiani è il non prenderci fino in fondo le nostre responsabilità con nome e cognome. Il giorno dopo l’8 settembre 1943 che avreste fatto? A guardare alla finestra o a prendervi le vostre responsabilità?
Firmatevi, per favore, soprattutto se scrivete interventi che “riempiono” la finestra dei commenti.

Il dibattito no! Io sono un autarchico, 1976.
In questo post rispondo ai commenti del post "Un cinema delizioso":

caro Massimo, ops… Nanni, concordo con tutto ciò che dici, ma proprio tutto perché, mi dispiace dirlo, dici una serie di ovvietà scontate sulle quali non si può non essere d’accordo. Infatti non ho mai concepito l’arte come dovere ideologico, o peggio, come messaggio da lanciare.
Io non ho mai pensato che fosse rilevante per giudicare la sua arte, il fatto che Moretti fosse di sinistra. Ma chi si è promosso regista politico ufficiale della Sinistra? Chi ha fatto uscire apposta l’8 marzo 1978 Ecce Bombo? E Palombella rossa cosa era? Un film su Comunione e Liberazione?

E ricorderai La Cosa del 1990, quando Moretti, dopo la cosiddetta “svolta della Bolognina”, decise di essere il testimone ufficiale dell’autocoscienza collettiva dei militanti del Partito Comunista Italiano; con il film lanciato in tutte le sedi di partito e trasmesso da RAI TRE il 6 marzo 1990 alla vigilia del congresso PCI di Bologna con un lancio pubblicitario che sembrava una campagna elettorale. E Aprile? Che è un film pieno di “messaggi” politici, cronache politiche e sentenze di etica politica, a parte il racconto del figlio Pietro?
In quasi tutti i film di Nanni Moretti sono presenti una quantità di messaggi politici impliciti che tra l’altro sono assai più efficaci, subdoli e penetranti di quelli espliciti.
E se Moretti si è autoproclamato un regista impegnato, che fa cinema di valore, ed è schierato a sinistra in modo inequivocabile, sa benissimo che i suoi film potrebbero influenzare il suo pubblico, gli umori, le ideologie, la morale.

Si deve prendere tutti i suoi meriti e le sue responsabilità. Se fai un film carico di nichilismo quello il pubblico assorbe. Se invece delle visioni, degli slanci creativi, delle sorprese offri un repertorio di battute sarcastiche o dei volantini politici di demagogia a buon mercato quello rimarrà nel pubblico che fruisce.
Sacrosanta, quasi mi sono offeso che me l’hai scritto, la libertà dell’arte e dell’artista di essere e fare ciò che vuole, ma ogni artista sa che la sua opera influenza la realtà sociale e culturale, è talmente ovvio che è difficile far finta di non capirlo.

Paragonare Moretti a Bergman o a Fellini è improprio perché Bergman e Fellini, con le loro visioni, furono conosciuti e amati in tutto il mondo: prova ad andare a New York o a Stoccolma e chiedi di Fellini e di Moretti e vedi che ti rispondono su Moretti. Zero assoluto. Moretti arriva al massimo in Francia, anzi a Parigi e a Cannes. E poi Fellini con il suo lirismo visionario era capace di raccontare la vita e la storia, con Amarcord narrò anche l’ignobile e volgare volto del fascismo.
Quanto a Rossellini: hai scelto il regista meno indicato per lanciare messaggi. Rossellini, che tanti meriti ebbe per la sua elevata cifra stilistica, fu regista di regime sotto il fascismo fino ai primi mesi del 1943. Figurarsi se, al di là dei suoi celebrati piani sequenza senza montaggio, era uno che poteva lanciare “messaggi”.
Totò avrebbe detto: ma mi faccia il piacere!

Grazie Nanni, grazie Gicogì, grazie ad Edoardo, Russel, Annalisa e Daniela, grazie a tutti gli altri. Ponete questioni interessanti sulle quali questo blog tornerà presto.

Ma quello che mi preme ora è parlare di un Paese dove gli intellettuali danno la colpa di tutto ai politici, ma non si assumono mai le loro responsabilità per quel che riguarda la formazione della cultura e lo svolgimento della storia.
Il nostro è un Paese che non è più capace di sognare, che non progetta, che ha dimenticato la funzione essenziale dell’analisi storica e della critica culturale, dell’insegnamento dei valori che costituiscono una società libera, democratica, giusta.

Un Paese malato di egocentriche forme di snobismo dove i professori universitari scrivono solo per gli addetti ai lavori, i registi parlano ai registi, gli scrittori agli scrittori.
Salvo quando vanno tutti, senza eccezioni, in televisione a promuovere i libri che hanno scritto e i film che hanno fatto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

Vedi anche:
http://paologls.blogspot.com/2011/11/autunno-e-gli-alberi.html
La scomparsa dell'intellettuale italiano (Novembre 2011)



20 febbraio 2012

Un cinema delizioso

C’è un pezzo del film Caro Diario, del 1993, in cui Nanni Moretti, finalmente uscito dall’ambiguità del personaggio di Michele Apicella, interpreta sé stesso e dice:

“…io, anche in una società più decente di questa, mi troverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c’è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un’isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza…e quindi…”

Con questo breve tratto di sceneggiatura Moretti ha interpretato perfettamente l’ideale snob di un certo tipo di Sinistra, colto, sofisticato e spaventosamente autoreferenziale.
Ha scritto il manifesto paradigmatico della minoranza che non vuole diventare maggioranza perché gli farebbe schifo “sporcarsi le mani” con il realismo banale della politica.

L’Italia non ha bisogno di un cinema arguto e delizioso.
Nei tanti fallimenti del nostro Paese un ruolo chiave lo hanno giocato i “deliziosi” contributi culturali degli intellettuali italiani.
Negli anni in cui tutto era di sinistra, Moretti girava il delizioso Ecce Bombo (1978) ironizzando sui clichè dei ragazzi del “movimento”, Eco scriveva l’altrettanto delizioso “Sette anni di desiderio” (1983, ma scritto dal '77 in poi).
In quell’epoca tutto sembrava in via di “facimento” e “sfacimento”, si faceva e si disfaceva tutto in vista di un’ipotetica rivoluzione, comunque c’erano fantasie di grandi cambiamenti epocali.
Poi, con il riflusso e il terrorismo c’è stata la fine della politica e il ritorno al privato.
Poi, nel 1989, è stata scritta la parola fine sul comunismo.

E poi quante carriere, quanti giornalisti al servizio del re, quanti ruffiani abbiamo visto in esercizio.
Per la Sinistra c’è stato il problema dell’identità.
Bisognava ripudiare il comunismo ed essere liberali, ma invece si preferì cambiare nome al Partito Comunista come se le cose potessero cambiare con un nome nuovo.
La storiografia di Sinistra tacque.
Nanni Moretti girò Palombella rossa.
Veltroni, senza avere molto senso dell'umorismo, arrivò a dire di non essere mai stato comunista, come se essere il presidente della Federazione Giovanile Comunista Italiana e il direttore di un quotidiano comunista per decenni fosse stato un esercizio spirituale.
Ancora oggi non si sa quali sono i principi ideologici della Sinistra italiana.

Per un lungo periodo il cinema di Nanni Moretti è stato una morbida “coperta di Linus”.
Anzitutto per lui: per anni sotto la forma del suo alter ego Michele Apicella, poi nella forma autobiografica del diario (Caro Diario e Aprile) e infine in forme più tradizionali di racconto cinematografico, ci ha proposto tutta la parabola della sua vita: narcisismi, tormenti, riflessioni, desideri di attico con terrazza, nascita del figlio, paure della morte dei figli, annotazioni sociologiche sulla Cosa, su D’Alema, su Berlusconi…

Io non contesto la sua capacità di fine osservatore sociale, i suoi meriti di acuto antropologo urbano, in particolare romano, in particolare del quartiere Prati e di Roma Nord: il suo cinema è un macrotesto storico pieno di piacevoli sorprese.

Dico solo che, automunendosi di un cinematografico lettino dello psicoanalista per sé stesso, ha fornito a tanti altri una lettura fuorviante e inutile dell’Italia di questi decenni, la rassicurazione dell’essere eterna minoranza, l’illusione di una colta diversità, l’invito al disimpegno nel sociale.
Il cinema di Moretti ha coniugato autoreferenzialità e aristocratico distacco con il disincanto farsesco delle facili battute fatte apposta per strizzare l’occhio al proprio pubblico:
“La sera del 28 Marzo del 1994, dopo la vittoria della destra, per la prima volta in vita mia mi feci una canna” Aprile, 1998.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

Vedi anche:
http://paologls.blogspot.com/2011/11/autunno-e-gli-alberi.html
La scomparsa dell'intellettuale italiano (Novembre 2011)



14 febbraio 2012

Il giorno di San Valentino

Nairobi, Kenya, 14 febbraio 2012.
Devo sbrigare alcune commissioni e vado a West Gate alle 10.00 per evitare le ore di punta. Vedo code al parcheggio del basement, code al parcheggio esterno, auto parcheggiate in seconda e terza fila. Uomini di tutte le nazionalità, brutti, grassi, trascurati senza sapere di esserlo, molti in vestito nero e cravatta, escono dal mall con orribili mazzetti di fiori e rose rosse e risalgono sulla macchina.
Vedo la stessa scena davanti ai chioschi di fiori della Peponi Road dove le macchine procedono su una sola corsia.
La sensazione è netta: uomini che "dimenticano" la donna amata per un anno intero e se la ricordano il giorno di San Valentino o l'8 marzo.

Come fate voi donne ad amare questi uomini?


8 febbraio 2012

Le Olimpiadi

Sessanta personaggi celebri del mondo dello sport hanno firmato un appello al Presidente del Consiglio Monti affinché il governo conceda il suo appoggio alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020.
Le Olimpiadi costituiscono un evento di grande rilievo internazionale, ma comportano un esborso massiccio, spesso insostenibile, di denaro pubblico.
Se le opere pubbliche che si costruiscono non sono inserite in un coerente piano regolatore diventano cattedrali nel deserto.
Se i nuovi impianti sportivi non sono ben fatti, o non si inseriscono armoniosamente nelle aree urbane in via di sviluppo, le Olimpiadi si possono rivelare un disastro ambientale e finanziario: gli unici a guadagnare sarebbero i grandi costruttori e i loro sponsor politici.

Certo, ci sarebbero anche posti di lavoro in più e occasioni di occupazione nell’edilizia, nel turismo, nella ristorazione, nei servizi, ma si dovrebbe vigilare su possibili forme di corruzione nell’assegnazione degli appalti.
Probabilmente i cosiddetti “campioni” sbagliano a fare pressing: la decisione spetta a chi ha una visione d’insieme degli interessi del Paese; fare appelli, al di là delle buone intenzioni, non appare politicamente corretto.
Mi sembra però discutibile anche un'opposizione “ideologica” alle Olimpiadi.
E, ancor di più, mi pare insopportabile l’atteggiamento di chi pensa che in Italia non si debba mai fare nulla e non si possa mai pensare ad un evento o a un progetto da realizzare tutti insieme, noi italiani.

E' risaputo: per il Paese che ospita, le Olimpiadi non sono un affare, ma bisogna tenere in conto le opportunità e le possibili ricadute positive d'immagine.
Roma 1960 fu un’Olimpiade indimenticabile e presentò al mondo una città in grandissima forma.
A Roma nel 1960 si costruirono strutture utili per il successivo sviluppo della città, ma a Roma 1990, per i Mondiali di Calcio, si fecero cose pessime con scandaloso sperpero di denaro pubblico.
Sarà importante ascoltare la valutazione che darà il governo e c'è da sperare che gli italiani non cadano nelle polemiche sterili e nel clima da stadio tra opposte fazioni.

Quello che rattrista è che, come quasi sempre succede, gli italiani sembrano già attestati su due sponde nemiche, a favore o contro le Olimpiadi, senza valutare con serena onestà i vantaggi e gli svantaggi per Roma e per l’Italia.
E' l'eterno clima della guerra civile italiana.


Paolo Giunta La Spada