1 marzo 2011

Unità d'Italia. Prima parte.

Gli italiani hanno talento e voglia di fare. Lavorano sodo e sono buoni risparmiatori. Molte realtà in Italia, pubbliche o private che siano, funzionano.
Nel Logistics Performance Index del mondo siamo al 22esimo posto nel mondo:

http://info.worldbank.org/etools/tradesurvey/mode1b.asp#ranking

Considerando che siamo la settima economia del mondo si potrebbe fare molto meglio, si vede che c’è uno scarto tra la realtà della gente che lavora e il sistema Paese che non è sempre all’altezza, ma non è un cattivo risultato.
Le cose vanno molto peggio quando passiamo a considerare la libertà di commercio e di investimento imprenditoriale. Qui le cose si fanno difficili per due ragioni. Primo: le leggi sono troppe e troppo complicate, inoltre “fatta la legge trovato l’inganno” per cui spesso l’italiano che apre un’attività vive col dubbio perenne che quello che è garantito stasera non lo sia domani mattina. O che quello che garantisce il tribunale sia smentito dal TAR. O che quello che sancisce il TAR sia cancellato da una sanatoria, da un cambio improvviso di governo amministrativo o da un nuovo decreto salvaproroghe, o da una “legge stralcio”.
Come diceva Prezzolini nel 1924 in Italia nulla è definitivo fuorché il provvisorio.
La cosa da ridere, per non piangere, è che per semplificare le leggi il governo Berlusconi ha inventato un nuovo Ministero: il Ministero della Semplificazione. Il ministro della Semplificazione, disciplina che non ha eguali al mondo, è il leghista Calderoli, famoso per aver promulgato a suo tempo quella che lui stesso definì ”un’autentica porcata”, cioè la legge elettorale italiana attualmente in vigore che, chissà perché, non è stata ancora né semplificata, né abolita. In nessun Paese del mondo esiste un ministero simile in cui impiegati, dirigenti, ministro, segretarie e sottosegretari mangiano a sbafo e sperperano il denaro pubblico. Che fanno tutto il giorno? Semplificano?
Forse hanno semplificato la loro vita con uffici e stipendi a carico dei contribuenti italiani, la nostra vita è rimasta uguale.
Infatti nella classifica mondiale della libertà d’investimento e commercio siamo messi male. Eppure il governo del premier ha sempre promesso libertà d’impresa.
In realtà le promesse fatte non sono state mai mantenute.
The Heritage Foundation, un’associazione conservatrice americana decisamente ispirata ai principi del mercato e della libertà dell’iniziativa privata, ogni anno studia i parametri relativi alle opportunità economiche presenti in ogni nazione. Nella classifica mondiale l’Italia è 87esima:

http://www.heritage.org/index/Ranking

e la libertà d’impresa nel nostro Paese è considerata simile o peggiore a quella di Paesi poveri come il Burkina-Faso, lo Zambia o il Madagascar.
La situazione per l’Italia diventa drammatica quando andiamo a considerare la cultura universitaria. Nel ranking mondiale le università italiane non ci sono proprio, non vengono inserite neanche nelle graduatorie: edifici fatiscenti e in stato d’abbandono, ricerca scientifica povera anche a causa delle scarse risorse e dei professori assunti con le raccomandazioni, poche pubblicazioni, livello mediocre.
Non c’è una sola Università italiana nelle prime 200 del mondo:

http://www.timeshighereducation.co.uk/world-university-rankings/2010-2011/top-200.html

Nei primi 5 posti figurano:
1) Università di Harvard
2) California Institute of Technology
3) Massachussets Institute of Technology
4) Università di Stanford
5) Università di Princeton
Ma la situazione non cambia se volgiamo lo sguardo alla sola Europa:

http://www.timeshighereducation.co.uk/world-university-rankings/2010-2011/europe.html

Sfogliate la lista delle 82 migliori università europee: non ne trovate una italiana.
I primi 10 posti della classifica europea delle Università:
1) Università di Cambridge
2) Università di Oxford
3) Imperial College of London
4) Swiss Federal Institute of Technology di Zurigo
5) University College di Londra
6) Ecole Polytechnique di Parigi
7) Università di Edimburgo
8) Ecole Normal Superieure di Parigi
9) A pari merito Università di Gottingen in Germania e Karolinska Institute di Svezia
Seguono le università di Losanna, Monaco di Baviera, Bristol.
A questo punto io ho immaginato che almeno nel campo dell’arte e delle scienze umanistiche, campi in cui l’Italia vanta una storia di primo piano universalmente nota, le nostre Università fossero presenti. No, nella lista delle 50 migliori università del mondo nel campo dell’arte e delle facoltà umanistiche non ce n’è neanche una italiana.

http://www.timeshighereducation.co.uk/world-university-rankings/2010-2011/arts-and-humanities.html

Si può supporre che le organizzazioni che compilano queste classifiche, essendo in prevalenza inglesi o americane, tendano a favorire le proprie istituzioni accademiche e che, inoltre, in un mondo che parla inglese le università anglosassoni siano favorite rispetto alle altre. Tutto vero, ma nella lista ci sono università francesi, spagnole, danesi, austriache, tedesche, giapponesi, di Singapore, di Hong Kong, svedesi, olandesi, irlandesi, australiane. Italiane zero.

La stessa desolazione si avverte quando si va a vedere la classifica della libertà di stampa nel mondo:

http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=251&year=2010

L’Italia è classificata come un Paese a libertà di stampa limitata e sta nel gruppo di nazioni come la Turchia, la Colombia, il Kenya, la Mongolia, il Mozambico e la Namibia dove televisioni e giornali sono ampiamente controllati o fortemente condizionati dal premier al potere.
L’Italia nel planisfero mondiale, il Map of Press Freedom, è dipinta con il colore giallo, come quasi tutti i paesi africani e molte semidittature. Il rapporto annuale sull’Italia è interessante:

http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=251&country=7846&year=2010

Se consideriamo tutto questo emerge uno stridente contrasto tra quello che è la struttura Italia, il sistema Paese, che è malandato, arretrato, mal amministrato e non molto libero, e quello che sono gli italiani.
Pensate: siamo la settima economia del mondo. Se fosse incluso il “sommerso” ( almeno il 30 o 40% del GPT) forse saremmo la quinta o sesta economia del pianeta.
Come fa un popolo ad aver costruito la settima economia del mondo con poche risorse naturali, molte montagne brulle e poche pianure, diverse sventure storiche, con le leggi che si ritrova, le istituzioni antiquate, i governi incapaci come quello attuale e i falsi semplificatori che mangiano a sbafo e a danno del cittadino elettore?
Non esiste una nazione al mondo che abbia la seguente contraddizione: parametri da nazione del Terzo Mondo, da una parte, e un’economia così significativamente incisiva e brillante dall’altra parte (GDP 1.888 bn di US dollars con reddito pro-capite di 31.320 US $ anno; fonte: World Bank, gennaio 2011).

La realtà è che gli italiani sanno produrre ricchezza nonostante le irresponsabilità di ieri e di oggi delle classi dirigenti. Lavorano sodo e sono creativi, le nonne e le mamme lavorano, cucinano e risparmiano; quasi tutti, se possono, fanno il doppio e terzo lavoro; chi può fa l’orto, i nonni sopperiscono alla mancanza di asili, i figli aiutano i padri. E’ il miracolo della famiglia italiana, la famiglia azienda che lavora e produce.
Siamo un popolo di formiche che lavora, investe e mette da parte.
Se la crisi dei mutui non ha devastato le basi finanziarie della società italiana è perché gli italiani hanno buon senso e non fanno “il passo più lungo della gamba”.

Però hanno un difetto. Abituati a forme di oppressione secolari sono talmente dotati di senso di adattamento che tollerano anche situazioni che non andrebbero accettate e, purtroppo, invece di abbattere il sistema che li opprime, cercano di scendere a patti con esso per trarne qualche beneficio, piccolo o grande che sia. Sulle tasse evase e non dichiarate, o sull’abusivismo edilizio, Nord e Sud, Destra e Sinistra, cattolici e laici, sono molto più simili di quanto si voglia far credere.
Tangentopoli scoppiò a Milano. Non dare la ricevuta fiscale è comportamento di tanti: dell’idraulico e dell’architetto, del dentista e del ginecologo, del barista e del falegname, del notaio e del ristoratore, dell’elettricista e del cardiologo, del muratore, del negoziante e dell’ingegnere.
A Milano e a Roma, a Vicenza e a Palermo, a Napoli e a Firenze, a Torino e a Cagliari. Le differenze, quando e se ci sono, sono minori rispetto alle omogeneità.
Quante volte, dopo 10 minuti di visita effettuata, si sente la segretaria del medico specialistico che dice senza neanche un po’ di vergogna: “150 euro, prego; se vuole la ricevuta fiscale 200 euro. La vuole?”
E si sa: in Italia tutti "tengono famiglia" e quindi tutti chiedono lo “sconto”.
Il “tengo famiglia” è la metafora nazionale del “familismo amorale” per cui invece di denunciare il capo corrotto e il suo comportamento disonesto, si diventa complici e ruffiani pur di salvaguardare gli interessi di famiglia.
Si fa finta di niente, ci si inventa qualcosa che plachi la coscienza. Si dice, mentendo, “così fan tutti”.
Del resto se in Italia, paese cattolico per eccellenza, la Chiesa non dice e non denuncia niente ed è tradizionalmente d’accordo con classi dirigenti corrotte e disoneste, come l’attuale, perché gli italiani, che la religione la seguono, sono battezzati, comunicati e vanno in chiesa la domenica, dovrebbero fare gli eroi?
Da quale Dio dovrebbero essere aiutati?
Ed ecco che un popolo brillante e laborioso si scopre al contempo bigotto e conservatore e si ritrova nel confuso stato di declino attuale.

(continua)

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PAOLO GIUNTA LA SPADA

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