29 dicembre 2011

Vivere pericolosamente.

Nella sociobiologia sono stati studiati i comportamenti degli animali, in particolare le società degli insetti, dei volatili e delle oche; dei mammiferi, in particolare dei lupi, e specialmente dei mammiferi del gradino più evoluto: gibboni, orango, gorilla e scimpanzè.
Questi animali, mi affatica chiamarli animali per quanto assomigliano agli esseri umani per struttura del sangue e cromosomi, hanno comportamenti molto simili ai nostri. I gibboni sono molto fedeli alla vita di coppia e sono quelli che tradiscono più di rado il proprio partner, gli scimpanzè ospitano diversi gruppi gay, tutti si muovono alla ricerca di due cose esattamente come facevano gli ominidi di qualche milione di anni fa: cercano cibo e “femmine”.
Quando trovano queste due “risorse” si “fermano” in un territorio. Quando le risorse iniziano a scarseggiare ripartono alla ricerca di un nuovo spazio. Se muovendosi incontrano altri gruppi concorrenti alla ricerca delle risorse si fanno la guerra. Il gruppo di scimmie più agguerrito distrugge o scaccia il gruppo più debole e occupa la nuova terra. Questa non è un’opinione: è legge biologica osservabile in natura infinite volte.
La possibilità dell’equilibrio pacifico e della stabilità è data dall’abbondanza delle risorse all’interno di un dato territorio. Gli ominidi di milioni di anni fa funzionavano allo stesso modo. Anche le società di cacciatori e raccoglitori di 100.000 o 10.000 anni fa erano uguali e perfino quelle di oggi, dove l’habitat è rimasto immutato, funzionano così. Abbiamo imparato da decenni di studi antropologici come funzionano le “società dell’abbondanza”, le società di cacciatori e raccoglitori come, per fare un esempio celebre, le comunità dei Boscimani Kung del Kalahari. Società ricche di risorse naturali. Immaginiamo la “spesa” quotidiana di una “coppia” di Boscimani. Lei ha già preparato la colazione cucinando dei tuberi con farine di cereali selvatici e lasciando in infusione semi ed erbe. Lui va a caccia e a raccogliere. In poche ore trova una faraona, dozzine di uova di diversi uccelli, tuberi, patate, cereali spontanei, erbe benefiche, semi e frutti di diverso genere. Ogni giorno la scena si ripete: la raccolta e la caccia variano, ma si concludono sempre con esiti abbondanti e ricchi. Il mondo antico, scarsamente popolato, era un mondo che disponeva di risorse in abbondanza pur non possedendo tecnologia.
Negli ultimi cinquemila anni, ma in particolare negli ultimi due o tre secoli la situazione è radicalmente mutata.

Gli agricoltori hanno costantemente bruciato le foreste per impossessarsi di nuove terre da coltivare. I pastori hanno fatto la stessa cosa per avere pascoli. L’industria, anche a causa dell’espansione coloniale, ha distrutto e distrugge foreste per cercare petrolio, gas, diamanti, stagno, ferro, oro, nichel e carbone. Così i popoli cacciatori e raccoglitori si sono estinti a centinaia negli ultimi duecento anni, o sopravvivono a stento in habitat sempre più ristretti e impoveriti. In molti casi sono stati assimilati dalla “civiltà” che li ha utilizzati prima come schiavi e poi prevalentemente come guardiani, guide per battute di caccia, operai, carpentieri acrobati.
Gli esseri umani sono animali, che siano figli di Dio o no, e sono soggetti alle medesime leggi biologiche.
Cercano risorse.
Quando le trovano diventano stanziali.
Quando le risorse terminano ripartono. Quando incontrano nella loro ricerca altri gruppi concorrenti sviluppano conflitti e guerre. La storia ci ha mostrato come l’educazione, la cultura e la religione abbiano cercato di dare un contrasto o una disciplina, o al limite una spiegazione, a una teoria dei bisogni che appare fin troppo banale e desolante, ma a volte le stesse culture e religioni si sono trasformate in ideologie di conquista e di giustificazione del dominio a danno dei più deboli.
Crociate e guerre sante, ondate migratorie, ricerca di nuove risorse e guerre sono parte integrante della storia dell’umanità e della incessante competizione per il potere.
Oggi, come scrivevo in un post di qualche mese fa, siamo sette miliardi in un mondo che ha, rispetto al passato, meno risorse e più tecnologia. Le risorse sono bruciate per sempre, la tecnologia è in gran parte al servizio di chi la usa per fare profitto. Si potrebbe dire che il mondo di oggi, con 7 miliardi di individui, è assai più povero di quello di tanto tempo fa in cui abitavano pochi milioni di esseri umani.
In un contesto come quello attuale è inspiegabile come le religioni di tutto il mondo, compresa quella cattolica, continuino a “santificare” il “fare figli” quando si dovrebbe educare ad una genitorialità assai più responsabile soprattutto i popoli che non dispongono di mezzi per nutrire, vestire, educare i propri figli. Le autorità cristiane e islamiche spieghino che senso ha vietare i metodi contraccettivi come il condom se poi, come informano le statistiche, miliardi di bambini sono straziati dalla fame e muoiono nei primi mesi o anni di vita, non hanno medicine o acqua potabile, non vanno a scuola, non dispongono di mezzi educativi per formare liberamente la propria personalità.
Altrettanto inspiegabile, in un mondo pieno di bambini abbandonati e di creature senza famiglia, che nelle società più ricche si facciano costose cure ormonali e complicate fecondazioni “assistite”, con l’incomprensibile appoggio delle Sinistre, con banche del liquido seminale dove perfino single possono comprare l’inseminazione che possa dare il figlio secondo il proprio desiderio o capriccio: con capelli e occhi del colore dettato dal proprio personale razzismo.
Torniamo al rapporto tra esseri umani e risorse.
Un mondo più fittamente popolato e con risorse sempre più depauperate conduce alla guerra.
Non basta l’ONU, anzi si è visto come nel caso della guerra in Irak o in Libia l’ONU possa essere facilmente manipolato; non basta la Chiesa con il Papa che il giorno di Natale ha coraggiosamente invocato lo Spirito Santo per fermare violenze che non si sono fermate né quel giorno, né oggi.

In realtà servirebbe ridurre l’incremento demografico e per farlo senza violenza, come libera scelta, ci vorrebbe un programma mondiale di sostegno alla salute con una completa informazione demografica e la diffusione dei più semplici e sani metodi contraccettivi.
Ma questo non viene fatto perchè la sanità mondiale è controllata dalle aziende farmaceutiche che pensano solo al profitto.
Un esempio? La lebbra. Nel mondo non si fa quasi più ricerca sulla lebbra: non perché sia stata debellata, al contrario il mondo è pieno di lebbrosi e si verificano circa 700.000 nuovi casi all’anno nel mondo, secondo i dati OMS. Il fatto è che la lebbra colpisce la gente poverissima che vive costantemente nella sporcizia e non dispone di acqua per lavarsi: è una malattia dei poveri.
Si sa che basta farsi la doccia o lavarsi le mani per non infettarsi di lebbra anche dopo aver avuto un contatto con un lebbroso, lo sanno bene le suore che assistono i malati nei lebbrosari. Per questa ragione la lebbra non esiste quasi più in Europa dove, da tempo, c’è l’acqua corrente e il bagno nelle case. L’industria farmaceutica non è interessata alla lebbra perché anche se producesse un farmaco nei paesi poveri nessuno avrebbe i soldi per comprarlo. Così milioni di lebbrosi muoiono dimenticati da tutti. Alle multinazionali del farmaco conviene molto di più produrre il Viagra, roba da ricchi, o cercare un rimedio contro l’HIV, virus che colpisce anche le classi sociali più elevate.
Il secondo fattore che servirebbe è un nuovo modello di sviluppo eco-compatibile in grado di non bruciare le risorse del pianeta, ma di moltiplicarle per poterle redistribuire a chi non ne ha. In particolare il mondo si dovrebbe dotare di leggi in grado di tutelare il mondo marino limitando il trasporto del petrolio, proibendo la pesca e favorendo gli allevamenti ittici in acque pulite. Di leggi che siano in grado di proteggere la biodiversità e di combattere l’inquinamento prodotto da insediamenti industriali nocivi o da coltivazioni agricole a base di diserbanti. Leggi ed educazione culturale che ci guidino ad essere più responsabili nell’uso del territorio e delle sue risorse a cominciare dall’acqua.
Lo sviluppo ha bisogno anche di incentivi e nuove norme per chi produce in modo virtuoso. I divieti da soli non bastano, inoltre servono verifiche e controlli.
L’esempio dei terreni che in Africa vengono destinati alla produzione di bio-combustibile invece che a cereali per la fame dei popoli africani ci spiega che l’ecologia è un tasto che anche le grandi proprietà multinazionali stanno giocando per mascherare la consueta politica di spoliazione delle risorse dei più poveri.
E’ un circolo: scarse risorse- carestie- ondate migratorie mondiali- aumento della criminalità e dell’insicurezza sociale con conflitti politici sempre più elevati- instabilità, rivolte su larga scala e azioni repressive –crescita dell’intolleranza- crescita di ideologie aggressive e anti-minoranza –riduzione della proprietà dei media in poche mani- guerre regionali spesso a sfondo etnico-religioso-razziale e così via in una spirale senza fine.
C’è un terzo punto: solo con la crescita dell’istruzione in tutto il mondo si può sperare in un nuovo modello di sviluppo. Gran parte della popolazione mondiale non ha accesso al mondo della scuola. Molti vanno in scuole dove l’unico insegnamento impartito è quello religioso. Le ragazze continuano ad essere penalizzate ed escluse dagli studi. Nei paesi poveri la scuola primaria si limita ad alfabetizzare e a trasmettere precetti senza provvedere ad alcuna reale formazione umana. Assenza di mezzi, insegnanti sottopagati, 50 allievi per classe, scuole in mano al potere politico locale. Abbiamo bisogno di tagliare radicalmente le spese militari e di fare scuole di qualità in tutto il mondo, Italia compresa.

Abbiamo bisogno di tanta fiducia, di una bella dose di creatività e anche di un po’ di fortuna per sperare in un buon 2012.
Proviamoci.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

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