4 ottobre 2012

Oggi come ieri.

C’è un popolo che tenta di “rimuovere” il problema delle sua identità.
Siamo noi, gli italiani. Le frasi che si sentono spesso tra italiani sono “se fossimo un paese normale”, “se l’Italia non fosse Terzo Mondo”, “siamo allo sfascio”.
Noi italiani, spesso, parliamo come se gli italiani fossero gli altri. Anzi in Italia tutti gli italiani parlano degli italiani come “gli altri”. Ognuno ci tiene a questa distinzione.
Le ferite inferte dalla politica, una volta si diceva “la cattiva politica”, oggi si dice “la politica” senza distinzioni, promuovono in ognuno di noi sconcerto, sdegno, rabbia e, infine, cupa rassegnazione. Siamo inclini al rapido tumulto, ma accettiamo troppo presto il vuoto della memoria. E’ successo spesso, nella nostra storia, di non fare i conti col passato.

Non sono stati fatti i conti col passato fascista, per esempio, e ha fatto comodo a tanti, troppi, pensare che il popolo italiano avesse semplicemente “subito” la dittatura. La Sinistra non ha mai capito, o non ha voluto capire, l’ampiezza dell’appoggio popolare al fascismo. Dopo l’8 settembre, altra data rimossa della storia italiana, gli italiani si sono divisi in una miriade di posizioni diverse. Alcuni fascisti sono rimasti fascisti, altri sono rimasti tali per necessità imposta, ma pronti a dimenticare in fretta. Molti italiani hanno iniziato una tenace forma di resistenza civile al fascismo e all’occupazione nazista. Se ne sono infischiati dei bandi fascisti e hanno salvato, ospitandoli, ebrei e prigionieri alleati in una misura eroica e in una quantità che non ritroviamo in altri paesi. Lo hanno fatto spesso al prezzo della loro vita. Molti hanno preso la strada della guerra armata per liberare l’Italia dai fascisti e dagli occupanti tedeschi. Altri si sono arruolati nell’esercito regio, il cosiddetto esercito badogliano. Altri si sono nascosti come e se potevano. E’ stata una guerra civile di proporzioni gigantesche con il Paese occupato da due eserciti e il fronte di guerra che travolgeva, giorno dopo giorno, ogni casa, ogni città, ogni famiglia. Eppure di questa tragedia di proporzioni gigantesche, così complessa da interpretare, non si è parlato. Pochi libri e tutti con specifici punti di vista ideologici, diversi tra loro, pochi film e quasi tutti commedie che facevano ridere con un Alberto Sordi nel personaggio fisso del cretino.

Non sono stati fatti i conti con gli anni 70 che sono stati “rimossi” senza pervenire, non dico ad analisi unitarie, ma quanto meno a ipotesi interpretative di natura conclusiva.
E non sono stati fatti i conti con Tangentopoli e col “fenomeno” Berlusconi.
Su ognuno degli argomenti citati c’è la guerra civile come il giorno dopo l’8 settembre…

Anche oggi è così. Gli italiani sono lividi di rabbia nei confronti dei politici che rubano, i politici che dicono ma non fanno, promettono ma non mantengono.
Però i fatti politici e gli scandali si succedono nella generale indifferenza della popolazione più comune.
E’ evidente un deficit di educazione storica, civica, politica nel popolo italiano.
Spesso “sopportiamo” questo deficit grazie all’umanità generosa di cui siamo dotati, ma nelle epoche in cui la nostra storia va cambiata, governata e diretta, questo non basta.
Manca la coscienza della nostra identità nazionale che ritroviamo solo davanti alle nostre opere d’arte circondate dai turisti, davanti alle bellezze naturali uniche, di fronte al cibo cucinato come solo da noi, di fronte ad una cordialità e generosità di stampo fraterno che resiste ad ogni crisi anche se è sempre più messa a dura prova.

Eppure questo arrabbiarsi contro l’Italia e contro noi stessi mostra solo l’amore che proviamo, ancora una volta, per la nostra straordinaria identità. Nessuno si arrabbia veramente per qualcosa che non ama. Il freddo silenzio è l’ingrediente migliore della separazione emotiva.
Gli italiani non sono capaci di silenzio, ma l’amore per l’Italia si veicola in forme confuse, imprecisate, e si mischia alla perdita di ogni memoria storica e ad un fenomenale e cinico individualismo.
Metti 10 italiani intorno a un tavolo a discutere ed avrai 10 posizioni diametralmente opposte e altrettanti attori protagonisti. Nella terra di Leonardo da Vinci ognuno si sente un genio, più bravo e furbo di tutti gli altri.
L’orizzonte dell’uomo politico italiano, poi, è circoscritto dalla difesa del suo particolare interesse. Sottoposti a secoli di invasioni, dominazioni, guerre, alleanze, emigrazioni ed immigrazioni, noi italiani, al centro di tre continenti, abbiamo preso il meglio e il peggio dei popoli intorno a noi: Europa, Oriente, Africa, Mediterraneo, Sud, Nord.

E’ la teoria del “popolo ponte” che ho già delineato con chiarezza: vedi “Il Popolo Ponte” del 22 marzo 2011,
http://paologls.blogspot.com/2011/03/unita-ditalia_22.html,
un post già letto da migliaia di lettori come voi e che spero diventi il titolo delle ricerche che sto conducendo.

Di questa perenne confusione siamo spesso stanchi e invidiamo i popoli che hanno un’identità, magari discutibile o antipatica, ma chiaramente definita.

Eppure la nostra complessità è la nostra qualità umana più grande.
Se solo ne avessimo coscienza e sapessimo farne un uso tanto orgoglioso quanto misurato e consapevole.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
PAOLO GIUNTA LA SPADA

11 commenti:

M.Teresa Urbani ha detto...

Post molto amaro, ma che nasconde uno smisurato amore per l'Italia. Grazie!

Russel ha detto...

Pensavo, col caffè fumante, di gustarmi il nuovo post. Invece, ora che l'ho letto, mi ha fatto sentire sottosopra e angosciata.
Triste

Anonimo ha detto...

Gli italiani sono come gli altri. Abbiamo un po' del sud e un po' del nord del mondo. Ci manca un meccanismo adeguato di scelta della classe dirigente. Sono sempre le stesse famiglie. Finti liberali finche' c'e' calma, emaquando il gioco si fa duro chiamano i fascisti per fare il lavoro sporco. Hanno il terrore del cambiamento. Senza una classe dirigente non si puo' vivere insieme, come non si puo' fare una partita di calcio senza l'arbitro.
Roberta

Anonimo ha detto...

Più che 10 opinioni diverse finisce in rissa ormai

Silvia B. ha detto...

Mancano i capi e gli intellettuali non sanno educare. L'Italia appare come una società senza punti di riferimento. E' vero siamo un mosaico del mondo

Anonimo ha detto...

sembra una stora che si ripete uguale e non cambia mai dai tempi di Dante ad oggi, la politica è sempre la stessa passa la voglia di andare a votare

Liliana V. ha detto...

post lucido e sconsolante, ma che dà anche responsabilità del cambiamento a ognuno di noi

Matteo B. ha detto...

Da quale film è tratta la foto?

Yuri ha detto...

In Italia c'è una grande differenza di cultura tra classi popolari e ceti abbienti. I primi sefguono solo il pallone, la squadra del cuore, qualche varietà e relity show, sceneggiato tipo un posto al sole e telegiornale. Gli altri leggono, non tutti, vanno a vedere film di un certio livello. Finchè la cultura in Italia non si diffonde ci sarà sempre ignoranza, passività, acquiescenza ai modelli imposti. Si dimentica il fattoche finio agli anni 50 metà del paese era analfabetta

Harry ha detto...

Come luoghi di formazione culturakle in Italia non c'è più niente, solo la televisione che è molto peggio di niente. I giovani di provincia ciondolano tra un bar e un pub. In città al massimo vanno al cinema ma a vedere film americani. Tutti, istituzioni e intellettuali, se ne fregano e poi si soprendono se votano il primo ladro che gli chiede i voti. l'Italia è un paese politicamente analfabeta. Quanto alla storia sono molte ler scuole superiori diove all'ultimo anno arrivano a fatica al fascismo o alla 2 guerra mondiale. Un disastro e si vede

ErreBì ha detto...

Un post interessante che non trovo affatto amaro, come qualcuno invece ha scritto.
Noi italiani siamo sempre stati portati a credere che gli altri siano in qualche modo migliori di noi e che i nostri difetti superino di gran lunga i nostri pregi. Girando il mondo, poi ti accorgi che pregi e difetti sono patrimonio di tutti i popoli. Ognuno ha i suoi, grandi o piccoli che siano. Noi - nella fattispecie - siamo capaci di grandi fuochi che riusciamo prosaicamente a spegnere con un soffio d'alito , senza pensarci troppo su.