2 marzo 2013

Out of Africa? Parte Terza.

Il 4 marzo 2013 ci sono le elezioni in Kenya. Il seguente articolo è il terzo di una speciale trilogia sul Kenya. 


Nairobi, sabato 2 marzo 2013.

Stamattina alle ore 9.30 sono andato nel grande supermercato Nakumatt, nel quartiere di Westland, una trafficata area di negozi, uffici, pub, ritrovi alla moda.   
In genere alle 9.30 /10.00 del sabato, nello shopping-mall di West Gate, non c'è quasi nessuno. 
Invece oggi non si trovava un carrello libero e le casse, tutte aperte, avevano code lunghissime con carrelli strapieni. 
La città è invasa da cartelli che inneggiano a elezioni pacifiche, ma dalla spesa caricata sui carrelli sembra che stia per arrivare l'apocalisse. 
Per fortuna ho fatto la spesa grande nei giorni scorsi, mi sono limitato al pane di Artcafè e al latte. 
Le ambasciate hanno preparato i piani di emergenza e hanno invitato a tenere "in casa viveri per almeno 72 ore". 
Naturalmente, come ogni volta che scatta una psicosi di massa, tutti hanno interpretato questo invito riempiendo lo store di casa con centinaia di litri di acqua da bere e quintali di scorte alimentari. 
Nei giorni delle elezioni le scuole saranno chiuse. 
Il tempo di chiusura delle scuole internazionali dipende dalla eventuale vicinanza alle aree a rischio, come slum o seggi elettorali. 
La scuola di mia figlia chiude solo due giorni, salvo eventuali complicazioni  nella giornata di martedì al conteggio dei voti. 
Siamo tutti in contatto: cellulari, radio e monitor sempre accesi sulle info dell'Unione Europea, dell'O.N.U. e delle agenzie della sicurezza privata. 
Altre scuole, prossime ad aree a rischio, hanno già deliberato di rimanere chiuse almeno una settimana. 
Molti sono partiti per "vacanze" all'estero di una o due settimane. 
I dipendenti delle ambasciate sono tenuti a prestare servizio. 
L'ambasciata d'Italia è in pieno centro, in un'area molto congestionata dove il traffico può facilmente degenerare in un ingorgo inestricabile, soprattutto in caso di manifestazioni e cortei. 

Non è detto che il 4 marzo esca un vincitore ed è quindi probabile che si vada al ballottaggio: a quel punto i gruppi etnici minori e i partiti politici meno forti avranno un ruolo speciale. 
Sui muri della città e sui giornali campeggiano i volti dei principali candidati: il primo ministro Raila Odinga con il suo Orange Democratic Movement, il suo nuovo alleato e candidato alla vicepresidenza Kalonzo Musyoka del Wiper Democratic Movement. 
L'attuale vice primo ministro Uhuru Kenyatta, della National Alliance, il suo alleato William Ruto dello United Republican Party e Musalia Mudavadi, dello United Democratic Forum.

C'era un altro candidato, il ministro per la Sicurezza Interna George Saitoti, che poteva essere un terzo autorevole concorrente nella contesa elettorale, ma l'elicottero sul quale viaggiava per lavoro il 10 giugno 2012 si è schiantato, per cause non ancora accertate, nella foresta di Ngong. 
George Saitoti è stato definito l'architetto dell'operazione "Linda Nchi",  "Proteggere la nazione", l'attacco portato dall'esercito kenyano, in collaborazione con l'AMISOM, l'African Union Mission in Somalia,  contro i gruppi Jiadisti che infestano il Nord del Kenya e la Somalia. 

A Nairobi, a Garissa, a Isiolo, a Mombasa e in tutta la costa fino a Lamu, l'allerta anti-terrorismo è elevata. 
A Eastleigh, nella Little Mogadiscio, il quartiere somalo di Nairobi, alle tensioni politiche elettorali si aggiungono i rischi di  strumentalizzazione all'interno della comunità somala. 
Negli ultimi 6 mesi, in seguito ai numerosi attentati, 600 sospetti, quasi tutti somali, sono stati arrestati con l'accusa di essere fiancheggiatori dei gruppi terroristi. 
Inoltre a Mombasa e su tutta la costa sono attivi i militanti del Mombasa Republican Council che con lo slogan "Pwasi ni Kenya", "La costa non è il Kenya", rivendicano l'indipendenza dal Kenya. 
Messo fuori legge nel 2008 il Mombasa Council è stato recentemente riabilitato. Chiede alla popolazione costiera, in gran parte di religione musulmana, di boicottare le elezioni. 
Lo scorso 15 ottobre 2012 Omar Mwamnuadzi, capo del gruppo, è stato tradotto in carcere con altre decine di persone dopo una serie di retate in cui non sono mancate sparatorie sanguinose:  un militante del MRC e due agenti di Polizia sono deceduti per le ferire riportate.  
L'Organizzazione Muslim for Human Rights ha denunciato presunti abusi  delle autorità che sono accusate di "usare la mano pesante" sulla costa per arginare le attività fondamentaliste islamiche. 

Le Forze di Polizia hanno subito attacchi gravi in diverse regioni del Paese. 
A Baragoi, 4 mesi fa, nella regione di Samburu, 42  agenti di Polizia sono stati massacrati mentre cercavano di recuperare il bestiame rubato nel corso di uno scontro tra  Turkana e Samburu.
Nella regione del Tana River, da agosto ad oggi, più di 150 persone hanno perso la vita per scontri tra agricoltori Pokomo e pastori Orma. 
Nel campo profughi di Daadab, vicino ai confini con la Somalia, che ospita 500.000 senza casa in condizioni molto precarie, scontri, rapimenti e razzie sono questione di ogni giorno. 

Ho incontrato molti amici kenyani in questi giorni e quasi tutti mi hanno raccontato che voteranno secondo la loro etnia e senza un'eccessiva fiducia su quello che, chiunque vinca, potrà fare per il Paese. 
Anche qui il debito pubblico è fuori controllo e, nonostante il vorticoso sviluppo economico, i problemi sociali sono drammatici. 

Auguro a questi amici e a tutto il popolo del Kenya un florido e felice futuro di pace.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada


Sull'argomento leggi anche Out of Africa? e Out of Africa? Seconda parte. 




10 commenti:

Russel ha detto...

Bello e interessante. Grazie

Matteo B. ha detto...

Sui giornali italiani zero informazione
Molto interessante la trilogia

Ada ha detto...

Grazie per la trilogia. La stampo.
Difficile capire la divisione etnica

paologls ha detto...

I Kikuyu, del gruppo bantu, vivono ovunque in Kenya anche se sono originari dell'altopiano; i Luo, popolazione nilotica, sono originari delle coste del Lago Vittoria dove hanno sempre praticato la pesca; Masai, Samburu e Turkana sono pastori, originariamente nomadi, e vivono prevalentemente nella Rift Valley. I Kalenjin vivono nell'altopiano della provincia occidentale. I Borana, sono pastori, come i Rendile, e vivono nell'estremo Nord del Kenya in regioni secche e desertiche. Embu, Meru e Luia sono originari dell'altopiano centrale. I Kisii sono prevalentemente della provincia occidentale. Sulla costa, oltre ai somali, a gruppi d'origine arabo-indiana, ci sono molti Kikuyu. Naturalmente queste genti si sono mischiate in tutto il paese, hanno mutato le loro attività economiche, spesso passando dalla pastorizia all'agricoltura e all'industria. A Nairobi il mixer è al più alto grado ed è per questo che gli scontri più gravi ci sono stati negli slum che ospitano l'immigrazione dalle campagne di tutto il paese e nei cantieri edili dove gli operai di tutte le etnie lavorano insieme tutti i giorni. In tutto il Kenya esistono 70 diversi gruppi tribali.

irene ha detto...

grazie paolo, un informazione approfondita , che come ben sai manca totalmente da noi, bravo!!!

Anonimo ha detto...

Grazie Paolo, temo che tu abbia scritto la tua storia con il cuore in Africa e la mente in Europa. Il mondo è piccolo e siamo tutti uguali.

Maria Teresa Urbani ha detto...

La stampo tutta (insieme a Le terre di nessuno e a Maschio e Femmina in Africa)
Veramente interessante!
Un cordiale saluto

Liliana V. ha detto...

Bellissimo. Esauriente e dettagliato, ti apre un mondo sconosciuto. Spero continui.

Chiara ha detto...

Come sempre chiaro e preciso.
Mi sono ritornati in mente i tempi della Nigeria.

nanni ha detto...

ottim! ecco il miglior posto dove trovare notizie sul kenya in lingua italiana.
PS. ho l'impressione che la trilogia dovrà arricchirsi, appena sarà tempo, di un ultimo capitolo: un commento sull'esito delle elezioni.
grazie!