17 febbraio 2015

La guerra alle porte. Seconda parte.




Renzi ha spento i toni usati impropriamente dai suoi ministri: Gentiloni ("Siam pronti a combattere!) e Pinotti ("5.000 soldati già pronti a schierarsi!")
Ha fatto bene, ma non ha spiegato. 
Ha parlato vagamente dell'ONU trascurando di dire che fu proprio l'ONU ad accettare supinamente la volontà, di due membri del Consiglio di Sicurezza permanente, Francia e Gran Bretagna, di distruggere il regime di Gheddafi e colpire la Libia... 
Inoltre, sappiamo che i tempi dell'ONU sono lunghissimi. 

Infatti, 34 giorni fa a Ginevra, il 14 gennaio del 2015, l'ONU ha avviato il dialogo per costruire un governo libico di unità nazionale. Dopo più di un mese non c'è alcun risultato e il governo di Tripoli ha deciso di boicottare il confronto. 
L'ONU è lenta, spesso manipolata, come dimostra la guerra voluta in Libia da Francia e Gran Bretagna; 

e come dimostra la guerra in Iraq contro il regime di Saddam Hussein voluta da USA e Gran Bretagna per eliminare "armi di distruzione di massa" che non esistevano.

Infine sarebbe ora, piuttosto che accodarsi alle scelte degli altri, che si vedesse una politica estera dell'Italia corrispondente agli interessi italiani o, almeno, a una vision del nostro Paese, visto che le guerre volute da alleati e amici tradizionali hanno prodotto solo guai.

L'Italia può considerare diverse ipotesi: appoggiare Egitto e Arabia Saudita che vogliono combattere anche in Libia la "Fratellanza Mussulmana", considerata la testa del gìadismo mondiale. 
Può farlo anche in modo velato e indiretto e concordando un processo fatto di tappe intermedie e obiettivi finali. Non è vero che l'Arabia Saudita finanzia l'ISIS. E' vero che l'ISIS riceve ingenti finanziamenti che vengono da Kuwait, Quatar e anche Arabia Saudita, ma da gruppi privati, non dagli stati. Si deve agire per non permettere tali finanziamenti e bloccarli, ma il nodo spinoso è che questi capitali passano per le banche in Turchia, e la Turchia è un'importante nazione che fa parte della NATO. 
L'azione dell'Egitto, in particolare, può giocare un ruolo risolutivo importante.
L'Italia può, in alternativa, stabilire relazioni sia con Tripoli, sia con Tobruk, al fine di sviluppare una mediazione tra Tripolitania e Cirenaica che conduca alla pace, ma con l'amara consapevolezza di rafforzare la definitiva divisione della Libia. 
Oppure, visto il fallimento di Ginevra, convocare una nuova assemblea di deputati libici disposti al dialogo che stabilisca un percorso di gestione pacifica del territorio, scelga un esecutivo di unità nazionale e governi. Ipotesi valida e credibile, ma difficile da attuare sul campo, vista la estrema divisione e frammentazione delle forze libiche. 
Quello che va evitata è l'ambiguità. Come quella che leggo oggi su Repubblica, nell'articolo di Lucio Caracciolo, che dice: "In Libia le Marine occidentali potrebbero affondare, prima che partano, le barche con cui i mercanti di essere umani attraversano il Canale di Sicilia, lucrando su migliaia di disperati. Ma, se si vuole evitare un rovinoso coinvolgimento in un nuovo conflitto armato, bisogna muoversi."
Giustissimo. Ma mi si deve spiegare come si fa a colpire i battelli prima che partano, cioè prima che si riempiano di persone. Se si deve colpire un battello prima che parta si deve entrare nel porto, o nella rada, o davanti alla spiaggia dove il battello è all'ancora. Significa disporre di un'intelligence onnipresente, di nostri militari sul posto che hanno libertà e capacità di colpire. E quindi c'è bisogno di un intervento. 
Anche un blocco navale, misura che va considerata seriamente, è comunque un intervento armato.
Spero che i politici e la stampa non inizino a dire una cosa oggi per smentirla il giorno dopo, esattamente come successe per la guerra a Gheddafi quando Berlusconi cambiava idea ogni giorno.
Spero che ci si prepari ad ogni eventualità facendo di tutto per salvare la pace, ma se si vuole fare una politica che risponda agli interessi nazionali, e alla ricerca della pace, non servirà aspettare che si muova l'ONU. Sarà già troppo tardi.
Perchè davanti alla Libia non c'è l'ONU di Ginevra o l'ONU di New York. Ci siamo noi. 
Spero che il Governo se ne renda conto e agisca di conseguenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada


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8 commenti:

Anonimo ha detto...

http://www.ilgiornale.it/news/politica/quando-gheddafi-ci-disse-senza-me-vi-invaderanno-1094968.html

Distinti saluti

Fammi un fax ha detto...

Che ti frega della Libia. L'importante è San Remo. O Carnevale. E fra poco c'è anche Pasqua. Molti Italiani a tutto pensano meno che a costruire un progetto.
Arricchirsi, distruggere quello che resta del Paese più bello del mondo. Arraffare. Magnare.
Questo blog è troppo serio

Stefano Parrettini ha detto...

A parte tutto quello che dici, su cui sono d'accordo, l'Italia non è oggi in grado di affrontare una guerra. Lo saarebbe sul piano militare, almeno se il nemico è l'ISIS cioè qualcuno che non dispone al momento di uno stato organizaato e di marina o Aviazione, ma l'Italia non è in grado perchè non c'è disponibilità psicologica al conflitto. Fossi in Renzi preparerei un all'erta antiterrorismo in casa, Infatti c'è ormai da prepararsi a tentatrivi di attentati in Italia. Invece non chiederei al Paese una guerra guerreggiata.

Massimo ha detto...

Il blocco navale sulla Libia con lo stop all'immigrazione è sacrosanta ed è l'unica cosa che il governo deve attuare

Camel senza filtro ha detto...

In Libia ci sono 70 tribù diverse, due governi, uno a Tripoli e uno a Tobruk, una dozzina di fazioni armate, bande di guerriglia fuori controllo: vorrei sapere quale soldato, anche il più preparato e ben attrezzato, avrebbe voglia di muoversi in quel teatro.
E per combattere contro chi?????

Anonimo ha detto...

Complimenti per gli articoli.
Tutto lascia pensare che l'Italia è incapace di una chiara politica estera. Anche buoni diplomatici, ma se non c'è un governo che garantisce una linea chiara nessun diplomatico può prendere iniziative utili.
Non fare nulla e aspettare, l'eterno dilemma italiano, e poi agire sulla scia delle decisioni degli altri.
Grazie

Admin ha detto...

Senza contare il fatto che anche volendo combattere bisognerebbe capire chi è il nemico e a che cosa , cioè a quale Libia si vuole arrivare. Cioè significa sapere che cosa vogliono i libici.
Ho letto i tuoi interessanti articoli sulla Libia e concordo sul fatto che la ferita della divisione tra Cirenaica e Tripolitania è difficile da superare/ sanare... L'idea di avere una democrazia in Libia è servita per abbattere Ghedafi, ma difficilmente potra funzionare in un paese caratterizzato da tante divisioni sociali, tribali , religiose. Una cosa è certa, che la guerra sta mettendo in fuga i tanti lavoratori immigrati in Libia eed è un altro problema tragico che si abbatte sul nostro paese

S G ha detto...

Ciao Prof.

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Senait Genanaw