20 febbraio 2012

Un cinema delizioso

C’è un pezzo del film Caro Diario, del 1993, in cui Nanni Moretti, finalmente uscito dall’ambiguità del personaggio di Michele Apicella, interpreta sé stesso e dice:

“…io, anche in una società più decente di questa, mi troverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c’è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un’isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza…e quindi…”

Con questo breve tratto di sceneggiatura Moretti ha interpretato perfettamente l’ideale snob di un certo tipo di Sinistra, colto, sofisticato e spaventosamente autoreferenziale.
Ha scritto il manifesto paradigmatico della minoranza che non vuole diventare maggioranza perché gli farebbe schifo “sporcarsi le mani” con il realismo banale della politica.

L’Italia non ha bisogno di un cinema arguto e delizioso.
Nei tanti fallimenti del nostro Paese un ruolo chiave lo hanno giocato i “deliziosi” contributi culturali degli intellettuali italiani.
Negli anni in cui tutto era di sinistra, Moretti girava il delizioso Ecce Bombo (1978) ironizzando sui clichè dei ragazzi del “movimento”, Eco scriveva l’altrettanto delizioso “Sette anni di desiderio” (1983, ma scritto dal '77 in poi).
In quell’epoca tutto sembrava in via di “facimento” e “sfacimento”, si faceva e si disfaceva tutto in vista di un’ipotetica rivoluzione, comunque c’erano fantasie di grandi cambiamenti epocali.
Poi, con il riflusso e il terrorismo c’è stata la fine della politica e il ritorno al privato.
Poi, nel 1989, è stata scritta la parola fine sul comunismo.

E poi quante carriere, quanti giornalisti al servizio del re, quanti ruffiani abbiamo visto in esercizio.
Per la Sinistra c’è stato il problema dell’identità.
Bisognava ripudiare il comunismo ed essere liberali, ma invece si preferì cambiare nome al Partito Comunista come se le cose potessero cambiare con un nome nuovo.
La storiografia di Sinistra tacque.
Nanni Moretti girò Palombella rossa.
Veltroni, senza avere molto senso dell'umorismo, arrivò a dire di non essere mai stato comunista, come se essere il presidente della Federazione Giovanile Comunista Italiana e il direttore di un quotidiano comunista per decenni fosse stato un esercizio spirituale.
Ancora oggi non si sa quali sono i principi ideologici della Sinistra italiana.

Per un lungo periodo il cinema di Nanni Moretti è stato una morbida “coperta di Linus”.
Anzitutto per lui: per anni sotto la forma del suo alter ego Michele Apicella, poi nella forma autobiografica del diario (Caro Diario e Aprile) e infine in forme più tradizionali di racconto cinematografico, ci ha proposto tutta la parabola della sua vita: narcisismi, tormenti, riflessioni, desideri di attico con terrazza, nascita del figlio, paure della morte dei figli, annotazioni sociologiche sulla Cosa, su D’Alema, su Berlusconi…

Io non contesto la sua capacità di fine osservatore sociale, i suoi meriti di acuto antropologo urbano, in particolare romano, in particolare del quartiere Prati e di Roma Nord: il suo cinema è un macrotesto storico pieno di piacevoli sorprese.

Dico solo che, automunendosi di un cinematografico lettino dello psicoanalista per sé stesso, ha fornito a tanti altri una lettura fuorviante e inutile dell’Italia di questi decenni, la rassicurazione dell’essere eterna minoranza, l’illusione di una colta diversità, l’invito al disimpegno nel sociale.
Il cinema di Moretti ha coniugato autoreferenzialità e aristocratico distacco con il disincanto farsesco delle facili battute fatte apposta per strizzare l’occhio al proprio pubblico:
“La sera del 28 Marzo del 1994, dopo la vittoria della destra, per la prima volta in vita mia mi feci una canna” Aprile, 1998.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

Vedi anche:
http://paologls.blogspot.com/2011/11/autunno-e-gli-alberi.html
La scomparsa dell'intellettuale italiano (Novembre 2011)



11 commenti:

Gicogì ha detto...

Caro Paolo, non sei esagerato nel demolire il povero Nanni? Sì, è vero, ci ha rimpinzato delle sue manie, della Nutella, del suo intimismo piccolo-b, ma non è che negli altri paesi ci siano state grandi cinematografie. Almodovar? Ken Loach? Suvvia...

Edoardo ha detto...

Caro Paolo, Moretti ha sempre fatto un cinema introspettivo. Ma era quasi l'unico a fare qualcosa che non assomigliasse a Giovannona Coscia Lunga, per cui in assenza di alternative venne acclamato come grande regista quando al massimo poteva essere considerato uno dei tanti rappresentanti di cinema autoriale. Se Moretti fosse vissuto ai tempi di Fellini, Antonioni, Visconti, De Sica nessuno l'avrebbe considerato. E' vissuto in un'epoca di crisi del cinema italiano ed è stato considerato un grande. I suoi film sono comunque sempre interessanti e ricchi di spunti, ma è vero che in Italia non c'è un vero sviluppo culturale e siamo fermi alle battute di Moretti e ad un atteggiamento radical-chic che in realtà è provincialismo travestito

Russel ha detto...

Paolo, ci hai tolto la consolazione dei film di Nanni Moretti e ora cosa ci resta?
Fai un'analisi un po' troppo severa, ma ahimè con molti punti di verità...
"la rassicurazione dell'essere eterna minoranza"...

Annalisa ha detto...

A me Moretti mi piaceva di più ai tempi di Sogni d'oro o Bianca o come Portaborse nel film di Luchetti. Dopo mi è sembrato spento, incapace di raccapezzarsi nella crisi di tutta la sinistra.
Però son d'accordo con una cosa: del battutismo di Moretti non se ne è mai potuto fare a meno e in effetti un se ne può più

Anonima ha detto...

Moretti non sa più che raccontare da un pezzo, almeno da Caos calmo e il Caimano

Anonimo ha detto...

Moretti non mi è mai piaciuto...sono sempre sospettosa verso i soggetti tuttologi e autocelbrativi...

Daniela ha detto...

I registi come Moretti non sanno parlare alla gente perchè non vogliono ... o perchè l'epoca in cui viviamo ha prodotto un tipo di pubblico votato al gossip e poco altro?

Camel senza filtro ha detto...

Quante cose vere in questo post! forse troppe per essere digerite tutte insieme

nanni ha detto...

Caro Paolo, sono un lettore assiduo e appassionato del tuo blog, ricolmo di idee illuminanti ed eterodosse. E mi pento per tutte le volte che non ho scritto a proposito dei tuoi interventi “Quanto hai ragione!”: perché adesso, forse la prima volta che non sono d’accordo con te, sto per scrivere “Quanto hai torto!” ☺
Mettiamola così, intanto: il cinema di Moretti non è delizioso (cioè gradevolmente innocuo. “Camera con vista” è delizioso, “Un giorno per caso” è delizioso). Non lo è prima di tutto perché giurerei che fare film deliziosi sia l’ultima cosa che interessi a Moretti. E non lo è perché anche se lo volesse non ci riuscirebbe: in ogni suo film ci sono sempre due o tre attori fuori tono, e non manca mai un pugno di dialoghi goffi, una decina di minuti imbarazzanti.
Poi: il cinema di Moretti è profondamente egocentrico, certo. Ma molti grandi autori (da Fellini a Bergman) hanno posto se stessi al centro della loro opera, e i loro film non sono nient’altro che il sontuoso dispiegamento dei loro sogni e delle loro ossessioni. Voglio dire che non si può rimproverare a un autore di essere egocentrico, ma soltanto di fare brutti film (ecco: i film di Moretti, non c’è dubbio, sono peggio di quelli di Fellini).
Moretti è un regista, non è un segretario di partito. Non è compito suo spingere all’azione, generare mutamenti antropologici. Descrive se stesso e il mondo che lo circonda. Racconta quello che vede: il mondo come è, o magari come teme che possa diventare (il finale del “Caimano”, con Moretti/Berlusconi che uscendo dal Palazzo di Giustizia dopo essere stato condannato istiga la folla contro i giudici – e alle sue spalle, mentre si allontana, già esplodono le prime bombe – è andato a Tanto Così (unità di misura esatta) dal diventare realtà). Un’opera d’arte può essere profetica, appunto. Ma se pretende di diventare politica in senso stretto, cioè se viene prodotta per propugnare una tesi, cade inesorabilmente.
Quando un sociologo vorrà studiare quest’ultimo trentennio di storia dell’Italia, gli farà molto comodo rifarsi ai film di Moretti. E da quei film, insieme a mille altre osservazioni, potrà trarre quello che dici tu: la testimonianza della vocazione minoritaria di molta sinistra. Moretti questa attitudine l’ha raccontata benissimo – con il merito di mettere in luce anche quella componente di autocompiacimento che la innerva. E non si può dare la colpa a Moretti se qualcuno ha usato i suoi film come alibi o come manifesto della propria indole velleitaria e, appunto, snobisticamente minoritaria.
Il cinema è un gesto di libertà, non una chiamata alle armi. Stigmatizzare il cinema di Moretti perché descrive (anche) una sinistra velleitaria, mi sembra una posizione analoga a quella del giovane Andreotti che se la prendeva con il neorealismo dicendo che “i panni sporchi si lavano in casa”.
Spielberg devolve fiumi di dollari al partito democratico. Ma se vado al cinema a vedere un suo film non voglio uno spot per Obama, ma un sogno opulento, avventuroso, commovente.
Allo stesso modo, penso che finché Moretti salirà su un palco o farà girotondi per esprimere le sue opinioni politiche, forse non sarà tentato di usare i suoi film per propinarmele. E perciò i suoi film continueranno ad essere assai meno afferrabili di un manifesto politico, e molto più vicini a un sogno: attraversati da elementi indecifrabili, lapsus, incongruenze – e, va da sé poiché si tratta di sogni, anche ipertrofie egoiche.
È un’attitudine diffusa fra i critici quella di rimproverare ai registi di non aver fatto i film che loro vorrebbero tanto fare, di non aver detto quello che ci sarebbe tanto bisogno di dire (o di aver detto quello che andrebbe taciuto). Ma gli artisti sono refrattari ai manifesti. Sono certo che su questo punto Moretti la pensi come Rossellini, che diceva più o meno così: Se voglio mandare un messaggio scrivo un telegramma

paologls ha detto...

Carissimi, grazie per i vostri interessanti messaggi, specialmente a "Nanni" che non ha mai scritto, ma che oggi ha ben "ingrassato" la finestra dei commenti. Per rispondervi quasi quasi scrivo un altro post.
Paolo

giovanni ha detto...

Ma perchè nessuno dice la verità a Moretti e cioè che non ha più nulla da dire ormai da anni? Parlo di film come aprile e il caimano che sono pennellate autocelebrative pallosissime da vecchio comunista da salotto.

I radical chic hanno già dato, andiamo oltre, i film italiani validi non mancano.
Moretti è un ex regista che ha fatto un bel film tanti anni fa: Ecce bombo.
Game over.