28 dicembre 2012

28 dicembre 1943

E' il 24 luglio 1943, è sera. Siamo a Palazzo Venezia, a Roma. Il Gran Consiglio del fascismo, in un'atmosfera carica di tensione, si appresta a passare la notte per discutere la mozione firmata da Dino Grandi. Mussolini è accusato di aver dichiarato la guerra nonostante il parere dichiaratamente contrario delle Forze Armate, impreparate al conflitto, e della maggioranza del Consiglio.
Il 10 luglio, due settimane prima, ingenti forze armate anglo-americane sono sbarcate in Sicilia: l'invasione d'Italia è imminente.
Tre mesi prima, a marzo, gli scioperi alla FIAT di Torino e nelle altre industrie del Nord hanno bloccato e sabotato la produzione bellica destinata al fronte. Il malcontento dilaga.
La mozione Grandi è approvata e il giorno seguente, il 25 luglio, Mussolini si reca dal re convinto che il sovrano, che gli ha regalato il potere subito dopo il 28 ottobre 1922, possa soccorrerlo ancora una volta come è accaduto in passato.
Il colloquio si trascina in una sterile cortesia di facciata, il voto del Gran Consiglio è noto al re che congeda Mussolini con gelida etichetta, i Carabinieri lo prendono in consegna: il regime fascista è finito.

La sera stessa, nella loro povera casa di campagna, a Campegine di Gattatico, in provincia di Reggio Emilia, Alcide Cervi offre una pastasciutta per festeggiare.

Alcide ha 7 figli maschi e due figlie femmine.
A casa loro ci sono gli amici di mezzo paese, si brinda, si mangia tutto quel poco che una casa di poveri mezzadri può offrire.
Si immagina un nuovo futuro per l'amata Italia, senza più dittatura, con la libertà del lavoro e delle opinioni.
Ci sono anche i fascisti che si tolgono la camicia nera, i Carabinieri col bicchiere di vino rosso in mano, arrivano notizie che in città, a Reggio Emilia, hanno distrutto le insegne del fascismo, sono scesi in piazza col tricolore, si è vista perfino qualche bandiera rossa.

Il nuovo governo Badoglio non fa le uniche due cose che dovrebbe: far saltare il passo del Brennero e parlare alla nazione del diritto ad un nuovo futuro per l'Italia.
Non fa niente per sbarrare il passo a un milione e mezzo di soldati tedeschi che invadono l'Italia. L'8 settembre 1943 alla radio tutti ascoltano il confuso comunicato che annuncia la fine delle ostilità contro le potenze alleate.
Il comportamento ambiguo e pavido del re Savoia e di Badoglio lascia l'Italia allo sbando.

Le truppe tedesche sanno della resa prima dei soldati italiani. I tedeschi attaccano le postazioni italiane, molti militari si disperdono salvo ricostituire il nuovo Esercito Regio badogliano.
I fascisti si riorganizzano con la Repubblica Sociale dove uno spento Mussolini recita ancora nel ruolo del dittatore senza averne nè il potere, nè la convinzione.
Nelle città si organizza la rete clandestina della Resistenza al fascismo e in montagna già si combatte contro i tedeschi e contro i fascisti italiani loro servi.

A casa Cervi l'estate passa in febbrile attività: si ospitano i prigionieri fuggiti, i soldati alleati inglesi, russi, zelandesi, francesi. I fratelli collaborano con i GAP, Gruppi di Azione Partigiana, portano armi in montagna, organizzano trasporti e staffette.
Aldo, il terzo dei 7 fratelli, è già presente in diverse azioni di combattimento contro tedeschi e fascisti.

Il 25 novembre 1943, alle 6.30 del mattino, 150 fascisti circondano la casa di Alcide Cervi e la bruciano.
I sette figli tentano una disperata resistenza, vengono arrestati, interrogati e torturati. Gli offrono di salvarsi la vita entrando nella Guardia Repubblicana di Salò. Rifiutano sdegnati e cercano di evadere: l'appuntamento per la fuga è la notte di Natale, il piano sfuma e rimandano la fuga alla notte di Capodanno. Ma iI 27 dicembre viene ucciso da ignoti il segretario fascista di Bagnolo in Piano.

All’alba del 28 dicembre vengono prelevati i 7 fratelli e Quarto Cimurri, loro amico.
Al padre viene riferito che "sono stati trasferiti a Parma per il processo: di non preoccuparsi, stanno bene".
In realtà, dopo altre torture, sono condotti al Poligono di tiro di Reggio Emilia. Vengono barbaramente assassinati. Li seppelliscono alla rinfusa. Non vengono scritti neanche i certificati di morte.

Così muoiono i fratelli Cervi: Gelindo, 43 anni, Antenore, 37 anni , Aldo, 34 anni, Ferdinando, 32 anni, Agostino, 27 anni, Ovidio, 25 anni, ed Ettore, il più piccolo, di 22 anni.

Il papà Alcide Cervi muore a 95 anni, nel 1970.
I suoi nipoti oggi sono nonni.


RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Giunta La Spada

7 commenti:

Russel ha detto...

Grazie, Paolo. Un racconto atrocemente vero che riporta alle nostre radici

Liliana V. ha detto...

Una storia su cui in passato si è polemizzato inutilmente e che invece va ricordata senza l'enfasi del mito, ma in tutta la sua cruda realtà: la lotta per liberare l'Italia dal fascismo e riportarla alla libertà. Grazie

L.

Maria Teresa Urbani ha detto...

Mentre nella propaganda elettorale si parla di tutto e del contrario di tutto fa bene a riportare alla memoria le storie dimenticate o riposte troppo in fretta nei musei...

Anonimo ha detto...

A Gattatico e gli ex partigiani di tutta Italia, c'è ancora l'usanza di festeggiare il 25 luglio con la pastasciutta contadine come quela ddi nonno Alcide

AnnaLisa ha detto...

Bella la foto dell'albero che mette radici e che rinverdisce

La storia è nota ma la racconti in modo semplice che pare di vederla

Edoardo ha detto...

Grazie Paolo,
per il lavoro sulla memoria storica

Saluti e auguri da NY

Chiara ha detto...

GRAZIE PAOLO è una pagina di storia che non conoscevo, sai emozionare col tuo modo di scrivere.... che sia un Buon 2013!
Chiara P.