24 febbraio 2013

Out of Africa?

Il 4 marzo 2013 ci sono le elezioni in Kenya. Il seguente articolo è il primo di una speciale trilogia sul Kenya. Il resto nei prossimi giorni. 

"I had a farm in Africa at the foot of the Ngong Hills..."
recita l'incipit di "Out of Africa", scritto dalla baronessa danese Karen Blixen, in arte Isak Dinesen.
Il libro, pubblicato per la prima volta nel 1937, racconta in forma autobiografica la vita della baronessa dal 1913 al 1931 nel Kenya colonia dell’impero britannico. 
Dal libro, nel 1985, Sydney Pollack trasse un film, con Meryl Streep e Robert Redford, interamente girato in un Kenya florido e fascinoso.

"I had a farm in Africa at the foot of the Ngong Hills..."
La mia "prima volta" in Kenya risale a 20 anni fa: io e mia moglie girammo tutto il paese, da Samburu al Mara. A Samburu, fuori stagione, c'eravamo solo io e lei, una trentina di coccodrilli sul fiume, un leone che cacciava un leopardo reo di aver ucciso un cucciolo di leone, una genetta in sala da pranzo e alcune scimmie che volevano rubarci la camera da letto.
La seconda volta, nel 1998, partimmo da Addis Abeba dove abitavamo e, con alcuni cari amici, dopo aver attraversato l'alta valle del fiume Omo e navigato nel suo delta paludoso e torbido, raggiungemmo, dopo aver sostato a lungo nei villaggi degli Hammer e dei Dassanech, a Central Island nel lago Turkana; riprendemmo la terra ferma per attraversare il North Horr Desert e arrivare a Marsabit, mi ricordo ancora i barriti degli elefanti disturbati dalla nostra tenda sulle rive del lago che sorge al centro del cratere vulcanico di Marsabit.

Il North Horr Desert non era un posto sicuro allora, non lo è oggi.
Scontri tra tribù rivali, furti di bestiame, incursioni di bande armate dalla Somalia.
Mi ricordo che piantammo le tende nel deserto per evitare qualsiasi incontro indesiderato e alle 5 del mattino avevamo già puntato il muso della macchina sulla incerta e arida pista per Moyale, dove arrivammo in serata e dove avremmo proseguito il mattino seguente, dopo qualche intoppo "burocratico" al confine tra Kenya ed Etiopia, per la mitica terra dei Borana.

Dall'ottobre 2011, in tutto il Nord Kenya, è iniziato l'intervento di "bonifica" che l'esercito keniano sta conducendo contro Al-Shaabab e gli altri gruppi di Jiadisti che hanno infestato la Somalia e hanno organizzato attentati, uccisioni e rapimenti nel territorio del Kenya.
I jiadisti, accerchiati dalle truppe keniane, hanno abbandonato l'importante porto somalo di Kisimayo e sono stati costretti a limitare le attività di pirateria che fino a poco più di un anno fa conducevano sulla costa fino a Lamu, in Kenya.

"I had a farm in Africa at the foot of the Ngong Hills..."
Molto tempo è passato dall'epoca di Karen Blixen. Oggi la sua casa-museo è ancora immersa nel verde, ma è ormai circondata dalla città di Nairobi.

Nel 1963, grazie alla lotta dei patrioti kenyani, il paese ottenne l'indipendenza.
I britannici fecero di tutto per conservare la preziosa colonia. Migliaia di patrioti kenyani furono uccisi dalle forze speciali inglesi, decine di migliaia imprigionati e torturati, centinaia di villaggi distrutti, intere regioni recintate dal filo spinato, un milione di persone deportate, come è fedelmente documentato su "Britain's Gulag" di Caroline Elkins, premio Pulitzer 2006.

Oggi la comunità inglese in Kenya è, ufficialmente, di 27.000 persone, probabilmente molti di più. Molti sono ancora i più ricchi del paese e rivestono un ruolo importante. Le banche inglesi sono ben rappresentate in Kenya. I britannici gestiscono le scuole migliori della capitale. Hanno una base militare di rilevante importanza a Naniuki, sud ovest del Monte Kenya, a due/tre ore di strada da Nairobi. In tutti i negozi di sport si possono trovare magliette, sciarpe e bandiere del Manchester United e del Chelsie.
La presenza british ha "segnato" la storia del Kenya. Durante la dominazione coloniale avrebbero usato i Kikuyu, il gruppo etnico più numeroso, per dominare le altre tribù. L'accusa più comune dei rappresentanti delle altre etnie è che i Kikuyu si sarebbero appropriati delle terre che gli inglesi avevano rubato ai Luo e ai Kalenjin.

Il Kenya è un paese libero e il potere è saldamente nelle mani delle elite kenyane, ma a Nairobi sopravvive un'impostazione che è retaggio coloniale: i ricchi da una parte, i poveri negli slums, la classe media in mezzo.
Bisogna premettere che, nel continente africano, il Kenya è la seconda no-oil economy dopo il Sud Africa. L'economia tira e il paese è un'ottima area per investimenti in molti campi: costruzioni, servizi, industria (tessile, alimentare, utensileria, meccanica, costruzioni, mobili) turismo, agricoltura, pesca, commercio, floricoltura (le rose che comprate in Italia vengono dal Kenya).
Per dare l'idea della vita a Nairobi: una casa in affitto o in vendita costa come o più che a Roma o a Milano. Nairobi è dotata di molti shopping-mall, diverse costruzioni sono belle ed eleganti; il centro esecutivo della città, con i suoi grattacieli di cristallo e le strade pulite, appare il cuore pulsante di una città viva ed operosa, dove si lavora molto e si guadagna altrettanto. La recessione qui è un fenomeno sconosciuto, gli indici ufficiali di crescita danno il 5%, ma se si include il sommerso è realistico un 15% di crescita all’anno. Sono livelli di vero boom economico.

La divisione in classi sociali è, purtroppo, acuta e grave. Al di là del centro e dei quartieri residenziali, almeno un milione e mezzo di persone vive negli slum, immensi agglomerati di baracche senza alcun servizio.
Un funzionario medio di una compagnia assicurativa o di una banca guadagna come il suo equivalente in Italia, ma una donna di servizio guadagna 5, 10 o 15 volte meno della sua equivalente in Italia.

Al-Shaabab e altre organizzazioni jiadiste somale hanno minacciato il Kenya di rappresaglie terroristiche, in effetti sono state attaccate con bombe a mano chiese e luoghi pubblici a Nairobi e in altre città, ma il terrorismo non ha mai scalfito il Kenya che conta, i luoghi pubblici frequentati dalla vasta comunità straniera, tanto da far sorgere dubbi sulla autenticità di alcuni attentati prodotti in luoghi marginali o secondari del paese e della sua capitale.
Da due anni l'attenzione al rischio di attentati si è alzata, ma i controlli, seppure sempre più diffusi, paiono piuttosto superficiali. In ogni caso non sono cambiate le abitudini di vita degli espatriati.
http://paologls.blogspot.com/2012/01/lallerta-nairobi-in-kenya.html

C'è grande attesa per le elezioni che si svolgeranno il 4 marzo 2013.
Inglesi e indiani, molti residenti in Kenya da quando sono nati, sono convinti che
nel paese non ci sarà mai alcun serio problema di stabilità economica e politica. Alcuni, in verità, sperano che ci siano tumulti come quelli del 2007/2008 per vedere crollare i prezzi della case, comprare a basso prezzo e poi rivendere dopo qualche anno come è già successo in passato. Nessuno vuole vedere il paese allo sfascio, ma molti non disdegnerebbero un breve periodo di tumulti per poter operare speculazioni immobiliari da far fruttare nel periodo di pace seguente. Si prevedono scontri nelle regioni dove il confronto etnico è particolarmente feroce e negli slum periferici di Nairobi. Il centro affaristico ed esecutivo della capitale e i quartieri residenziali 5 anni fa sono rimasti al di fuori di qualsiasi problema e lo stesso ci si aspetta per le prossime elezioni. Oltre alla base militare inglese c'è una base aerea e navale americana a Manda Bay. Il turismo è la più grande risorsa del Kenya, ma alcune zone del paese sono off-limits. I confini con la Somalia e con l'Etiopia sono a rischio, e perfino luoghi turistici come Samburu National Park hanno visto negli anni scorsi un aumento delle scorte militari ai convogli di turisti. La criminalità è diffusa, ma in forme assai diverse, nè minori, nè maggiori, da come siamo abituati a subirla in Europa.

Sulla costa, recentemente, si sono verificati diversi episodi di criminalità a cui si sono aggiunte gravi agitazioni di natura politico-religiosa.
Il 27 agosto 2012 il capo religioso Rogo Mohammed, fortemente legato ad Al-Shaabab e agli ambienti Jiadisti e denunciato per le sue attività criminali dal UN Security Council, è stato ucciso da ignoti a Mombasa a colpi di arma da fuoco. Nei giorni seguenti migliaia di manifestanti inneggianti alla guerra santa hanno inscenato manifestazioni di protesta con scontri e roghi di auto. Nei pressi di Likoni, dove si prende il traghetto per andare verso Diani, ad ottobre 2012, ci sono stati ripetuti scontri a fuoco tra terroristi e forze di polizia. Da allora le autorità sconsigliano di andare in vacanza in auto da Mombasa a Diani e suggeriscono di servirsi del solo trasporto aereo.

Il Kenya è un paese singolare. La natura è splendida, i parchi nazionali un incanto, e penso che l'altopiano di tutta l'East Africa sia un riuscito paradigma di paradiso terrestre. Non ho mai visto in 27 anni di vita in tutti i continenti, compreso un lungo spicchio di esistenza ai tropici, un luogo con baobab, jacaranda e acacie così belle, con vegetazioni fitte e fioriture cospicue e diverse ad ogni stagione, e bouganville che si arrampicano sugli alberi più alti per poi esplodere con folte macchie di lilla, rosa e rosso intenso ai confini del cielo, e con un clima che è fresco, piacevole e assolato tutto l'anno.

Se la natura è meravigliosamente africana non si può dire altrettanto della società. Nairobi ha il carattere e l'aspetto di una global city dove si vive come in molte altre città del mondo all'insegna del business e dello sviluppo. L'opulenza e il consumismo diventano un modello di vita. La gente povera appare frustrata e, davanti alla rapida mutazione sociale, in difficoltà. Le tradizioni della cultura africana originaria contano poco e al massimo sopravvivono per essere "vendute" ai turisti in cerca di esotico. Non è semplice capire l'identità della gente del Kenya. Generalmente gentili, ma chiusi, formali, a volte indecifrabili. "I should never quite know or understand them", scriveva Karen Blixen ai suoi tempi... Attenti alle procedure come gli inglesi, fedelmente legati all'identità etnica come o più che all'identità nazionale.
Oltre alla comunità inglese, c'è la vasta società indiana che ha in mano il commercio del paese e ha contribuito a mantenere, spesso in forme deteriori, la divisione sociale prodotta dall'epoca coloniale.

(continua)

7 commenti:

nanni ha detto...

fantastico paolo! sono rientrato da 9 mesi dal kenya e ancora mi ci sto interrogando su... questo tuo primo pezzo mi fa pensare che finalmente potrò cominciare a capire qualcosa su questo rompicapo di nazione...
da giorni setaccio la rete cercando chi possa raccontarmi le elezioni in kenya... ora so che c'è una voce, una voce brillante, seria, attendibile, che può farlo.
grazie!

Russel ha detto...

Caro Paolo, goduto in 5 minuti. Non vedo l'ora di leggere il resto!

Edoardo ha detto...

Molto interessante. Aspetto il seguito. Saluti

Edoardo

roberta lucarelli ha detto...

Grazie Paolo, non leggo più i giornali perchè non li sopporto, la tua scrittura, oltre all'interesse dell'argomento, è sempre un piacere.
Roberta Lucarelli

Maria Teresa Urbani ha detto...

In un'Italia facilona e mediocre il suo blog è un esempio di cultura e intelligenza. Grazie

AnnaLisa ha detto...

Vorrei sapere che cosa pensi dei risultati elezioni italiane, ma quanto durerà il "non scrivo più" del post precedente? Spero poco...

paologls ha detto...

Grazie a tutti per i complimenti.
Italia?
Avrete capito tutti perchè il presidente Napolitano non voleva che Monti si candidasse. In una situazione come questa gli avrebbe dato l'incarico, ma il prof si è candidato, ha preso pochi voti: non è candidabile.
D'altro canto la candidatura di Monti ha tolto voti a Berlusconi.
Il Cavaliere gli aveva offerto, in un primo momento, la leadership del Centro Destra perchè sapeva che, se unito, il "Fronte" di Destra avrebbe vinto. Non ci sono ancora i risultati definitivi, ma Grillo ha "pescato" molto più a sinistra che a destra. E Ingroia, come avevo scritto e previsto, non ha preso il quorum permettendo a Berlusconi di vincere al Senato. Il magistrato, tra tutti gli sconfitti, mi sembra quello che dovrebbe riflettere di più sugli errori commessi. Negli anni scorsi lo stesso errore l'avevano fatto altri con Rifondazione Comunista e con i Comunisti d'Italia. Infatti quest'anno c'era il M5S che, come critica del PD, bastava e avanzava. Togliere un altro 2% al Pd o allo stesso M5S è demenziale e descrive la parabola protagonista di chi, non conoscendo la storia del Paese, concepisce la politica come moto di soddisfazione personale piuttosto che come reale servizio al Paese.
In questo dopo elezioni chi ha capito tutto è ancora Barlusconi che, chissà perchè, ha assunto un tono falsamente moderato e di governo. Infatti, se tra tre nemici due si mettono d'accordo, fanno fuori l'altro. Ora, ancor più che una perversa alleanza tra Bersani e Berlusconi, possibile ma a tutto vantaggio del Cavaliere viste le sue posizioni di potere finanziario mediatico intoccate, mi preoccupa, oltre alla perdurante confusione di Bersani, il tono ancor bellico di Grillo. Temo infatti che Grillo ami la soluzione dell'alleanza tra PD e PDL perchè sa che il M5S crescerebbe ancora all'opposizione. Auspico, e non da oggi, che questa risorsa del Paese che è il M5S esca da una coltivata "clandestinità politica" e si prenda le sue responsabilità. Che ci sia un programma comune PD M5S che diventi programma di governo a partire dal taglio radicale dei costi della politica. In questo caso non c'è Berlusconi che tenga... Non perdetevi la trilogia...