4 maggio 2013

La scuola italiana.


Della scuola nessuno parla. O meglio in tanti recitano formule magiche di "ammodernamento, riforma e rilancio", ma tutti mentono sulle reali condizioni della scuola. 

Qualche anno fa, al ritorno in Italia, fui assegnato ad un istituto alberghiero di Trastevere a Roma. Il mio primo shock fu vedere le aule e i banchi graffitati, sporchi e disegnati di falli, vagine, svastiche, falci e martello, insulti, bestemmie, forza Roma e forza Lazio, inviti porno e richiami  a improbabili crisi esistenziali. 
Non c'era un angolo pulito: tutto pieno, dal battiscopa fin quasi al soffitto. 
II secondo trauma fu verificare che i colleghi, gli studenti e i genitori facevano come se niente fosse stato: assuefatti al degrado. 
Il terzo fu che la Preside mi disse che la Provincia non puliva le aule da molti anni e non aveva soldi per farlo. Normale. Chiesi se potevo farlo io, a mie spese, magari con l'aiuto di qualche studente. Mi rispose: "non si azzardi a prendere iniziative senza il mio permesso, c'è il problema dell'assicurazione, se si ficca la vernice in un occhio io non ne rispondo, e a maggior ragione non parli di coinvolgere i ragazzi." 
Questo è solo un esempio di come la scuola si degrada perchè non ci sono soldi, ma anche a causa di divieti, burocrazie, verticismi.

Un anno dopo ci crollarono in testa i soffitti del corridoio davanti all'aula dei professori, fu un miracolo che non c'era nessuno: tutti in classe all'ora del crollo.
Naturalmente i lavori, con tutti i disagi e i rumori, si protrassero per mesi e mesi. 

Fare lezione ai ragazzi d'oggi è difficile, e presuppone già, anche in condizioni normali, un'analisi attenta della situazione e degli stili di apprendimento, delle possibilità comunicative, dei registri linguistici da adottare, dei contenuti da trasmettere, degli obiettivi da conseguire, del feedback da verificare, del piacere dell'apprendimento da produrre o consolidare: ci vuole senso del dovere, professionalità, preparazione, talento, simpatia, cura dei dettagli dal primo all'ultimo minuto. 

Fare lezione in un ambiente molto degradato, sporco, senza dignità, brutto, con le pareti luride e piene di scritte volgari, può diventare, come spesso diventa per molti docenti, un atto di eroismo. 
E' difficilissimo far credere agli studenti e alle loro famiglie che la scuola è importante se le aule cadono a pezzi e mentre parli, dietro di te, ci sono parolacce, falli multiformi, svastiche, W il Duce e bestemmie.
Al degrado ci si abitua e la scuola è una cartina di tornasole per capire come è cambiata la società italiana negli ultimi 20 anni.
Mediocrità, faciloneria, voglia di soldi facili, tendenza a strillare e non a ragionare, gravi vuoti di buona educazione.
Se, quando entrano a scuola, alcuni ragazzi bestemmiano e nessuno dice niente, se bestemmia anche il bidello e nessuno fa nulla, ci si sente sempre più impotenti a lottare ogni giorno in una condizione svantaggiata e contro troppi nemici.
Pochissimi mezzi, zero soldi, ambienti degradati e più simili a un carcere che a una scuola superiore, regole e burocrazia, divieti e lungaggini, un'utenza di periferia border-line  che tende a usare le strutture della scuola come fossero una curva di uno stadio da distruggere.
Un'atmosfera che a volte assomiglia a tutto meno che a un luogo di formazione umana e professionale.
Molti insegnanti si sentono soli e "crollano", fanno ciò che possono, cioè poco.
Su questo tipo di scuola, tristemente compiaciuta della sua follia, c'è una letteratura anche troppo fiorente, da Starnone a Lodoli.

E poi trovi gli insegnanti che ci credono. Un buon numero.
Presuntuosi a volte, umili più spesso, capaci di prendersi carico di tutte le carenze strutturali e organizzative. 
Preparati, bravi, coinvolgenti. 
Ostinati come si deve essere quando si è davanti a missioni impossibili.
Silenziosi e capaci.
Quando ci sono loro, le scuole funzionano, funzionano bene, e se c'è un settore pubblico che ha "retto" in Italia è la scuola.
Molte scuole superiori in Italia sono eccellenti.

Ma la scuola italiana rischia la crisi definitiva se non si cambia politica.
La scuola non ha bisogno di tagli, ha bisogno essere forte, competitiva, ben finanziata, con docenti attentamente selezionati, controllati e, aspetto centrale, ben pagati.
E' semplice: se i docenti non sono ben pagati i migliori se ne vanno appena possono.

Controllati: quante volte ci è capitato di non vedere mai un docente ai Consigli, e nessuno dice niente?
Quante volte ci è capitato di vedere lo stesso docente fare cose folli, o arrivare sempre in ritardo, e nessuno dice niente?

E si è mai parlato dei diversi carichi di lavoro che comporta insegnare una materia o l'altra? 
Argomento tabù. Avete presente di che cosa parlo?
Da ragazzo sono cresciuto in un liceo in cui le lezioni di educazione fisica erano solo partite di pallacanestro. Nient'altro.
Provate, invece, a portarvi a casa ogni fine settimana duecento temi di italiano da leggere: cercate di capirli, fate una correzione propositiva e non risolutiva, valutateli, scrivete un giudizio che significhi qualcosa di importante per l'allievo che legge, e poi mi raccontate come avete passato il sabato e la domenica.
Ma lo so, cari colleghi, di queste cose non si può parlare, siamo tutti uguali e l'hanno detto anche i sindacati: amen.
Ma e' anche di questa incapacità a "mettersi in gioco" che la scuola muore.

La scuola ha problemi gravi e la politica fa finta di niente.
Porgo i miei migliori auguri di buon lavoro al neo-ministro dell'Istruzione, ma ho il dubbio che sia l'ennesima nomina di uno studioso del tutto estraneo al mondo della scuola.
Mi piacerebbe che un ministro ci venisse a trovare un giorno qualsiasi, imparasse a staccare le decine di gomme da masticare sotto le sedie, pulisse le caccole appiccicate al registro, visitasse un bagno per le studentesse e ne verificasse le condizioni igieniche, trovasse ogni giorno insieme a noi le sedie che non ci sono mai, cercasse di fare 3 fotocopie per uno studente senza essere accusato di aver commesso un reato, visitasse palestre, attrezzature e laboratori, lavorasse con noi in quella specie di affollato sgabuzzino 3 metri per 4 che in ogni scuola chiamano aula professori e che dovrebbe ospitare 100 docenti, facesse un'oretta di lezione davanti ad una parete piena di "cazzi" e bestemmie, aspettasse a lezione finita quei due minuti che separano gli studenti dall'uscita di fine giornata, e allora, solo allora, si recasse in Consiglio dei Ministri a parlare di scuola.

Nell'agenda di governo, qualsiasi governo di oggi e del futuro, la scuola deve essere al primo posto.
Se vogliamo bene all'Italia dobbiamo voler bene alla sua scuola pubblica. 
L'Italia vuole una scuola forte, competitiva, ben finanziata.
Senza una scuola forte non c'è crescita, non c'è sviluppo, non c'è futuro.

Paolo Giunta La Spada

10 commenti:

Camel senza filtro ha detto...

Caro Paolo, la scuola non è solo la cartina di tornasoile per capire la condizione della società italiana, ma la prova, purtroppo , di come non si vogliano risolvere i problemi.
E sulla scuola la destra e la sinistra si sono sempre assomigliate.

Mara ha detto...

Negli anni 70 la scuola era un parcheggio per disoccupati, si entrava in ruolo con facilità specie in certe materie tecnico-pratiche di nuova istituzione, i sindacati hanno preso la scuola come un ufficio di collocamento.
Le riforme hanno pian piano tolto autorità agli insegnanti di ogni ordine e grado.
Ora con sempre meno risorse non è facile riqualificare la scuola e darle un assetto di valore.
Sulla scuola hai ragione mentono tutti e nessuno gliebe importa nulla.
Studenti in testa.

tantoviola ha detto...

quante, tante, infinite cose da dire in proposito, carissimo Paolo. Vogliamo dire che, accanto alla endemica, storica, mancanza di investimenti per migliorare gli ambienti scolastici, tristemente comune a destra e sinistra, c'è anche la non-cura dei nostri alunni, abituati dalla non-educazione al "pubblico che è tuo" a sporcare, degradare, distruggere? il problema, secondo me, è la mancanza totale di una educazione alla cosa pubblica. Le nostre case sono le più pulite del mondo, siamo gli unici ad usare il bidet, e poi?.....quando varchiamo la soglia del nostro orticello, si sporca, si ruba, si degrada, tanto non è di nessuno. Il nostro concetto di igiene personale è evidentemente il più alto al mondo, le nostre strade (e dunque, i nostri banchi, i bagni delle nostre scuole) sono orribilmente luride. Quando arriviamo a toccare qualcosa che non riteniamo più casa nostra - e la scuola, la strada, ecc. non sono casa nostra - diventiamo pericolosamente sudici. E' lo stesso concetto che, quando arriviamo a gestire qualcosa di pubblico, ci fa pensare che non sia di nessuno, quindi da sporcare, rubare, degradare. E poi, in ordine: il non rispetto delle regole? il bidello (o, peggio, l'amministrativo o il docente) che fuma? il professore che fa, in un anno, 40 ore effettive invece delle 132 che avrebbe dovuto? io faccio il Don Chisciotte di professione e mi scaglio puntualmente e senza tregua contro ognuna di queste manifestazioni, verbalmente e per iscritto. Nessun preside ama dar corso a queste obiezioni. Il nostro, quasi senza speranza, è un sistema anti-meritocratico. Quando parli del diverso impegno dei docenti di diversa disciplina, con me sfondi una porta aperta (pensa che io ho sette classi, oltre ai quattro compiti in classe a quadrimestre devo preparare anche gli ascolti e tutto il resto e aggiornare continuamente le mie competenze. Guadagno quanto i colleghi di religione - nominati dal vicariato senza concorso, e li paghiamo noi - o quanto un esimio collega di storia e filosofia di liceo, che non ha nemmeno uno scritto e insegna, da anni, le stesse cose. Ma in Italia non si VUOLE valutare il merito o l'impegno. Non si VUOLE premiare il lavoro migliore. Quando mi confronto con i colleghi francesi, o svizzeri, mi viene da piangere. Ma tant'è. Meglio apprezzare quello che riesco a fare in queste condizioni e godere di quello che mi torna dai miei alunni. Forse non ho l'energia per poter pensare di riuscire a cambiare qualcosa per tutto il resto

Giuseppe Maria Ficara ha detto...

Un articolo interessantissimo ed esauriente. Ho conosciuto queste situazioni attraverso i racconti di persone amiche, professori e professoresse che in pratica vivevano in trincea. Quando da ragazzo studiavo al Liceo, dal 1967 al 1972, c'era ancora rispetto per i docenti e molti docenti, checché si dica su quegli anni, erano seriamente motivati e li ricordo ancora con graitudine e affetto.
In COnservatorio non abbiamo per fortuna questa realtà ma subiamo tagli continui e nessun incentivo all'aggiornamento; lo stipendio può bastare solo per chi, come me, non ha moglie e figli a carico, altrimenti, tra costo degli strumenti (ovviamente a carico del docente e non soggetto ad alcuna detrazione), costi di manutenzione degli stessi, spartiti, libri, concerti e masterclass da seguire per aggiornamento, il musicista che insegna in Conservatorio dovrebbe optare tra continuare a suonare ed aggiornarsi o pagare le bollette, il mutuio o l'affitto. E la nostra è la Patria dela Musica! E non è tutto: con 9000 società concertistiche di musica da camera tagliate negli ultimi vent'anni (il dato fu fornito anni fa da Salvatore Accardo intervistato da Fazio) se non ci fossero i Conservatori in Italia nel giro di pochi anni si perderebbe persino la memoria del nostro immenso patrimonio storico musicale, a parte le solite dieci opere, beninteso, fenomeno più ecolalico che musicale.
Grazie Paolo per mettere in evidenza questo male che va decisamente curato.

Russel ha detto...

Grazie Paolo. Inimitabile. Come sempre.

Massimo ha detto...

Grazie Paolo.
Vero.
Bisogna riportare l'attenzione alla scuola e alle sue peculiarità.
La scuola non è pubblico impiego ma lavoro intellettuale e come tale va considerato e pagato!
La Gelmini ha fatto disastri ma anche i ministri precedenti non ci hanno capito nulla.
Fate girare questo articolo per favore.
Grazie

Maria Teresa Urbani ha detto...

Come genitore ho trovato insegnanti bravissimi e altri mediocri.
Sono loro, siete voi a fare la qualità della scuola perchè dall'alto non arriva molto,
Le strutture sono spesso obsolete e manca tutto.
A volte noi genitori siamo chiamati a collaborare.
Chi porta la carta igienica, chi fa le fotocopie di un libro.
Per chi ci lavora ogni giorno deve essere penoso.

Anonimo ha detto...

http://rbolletta.wordpress.com/2013/05/05/della-scuola-non-si-parla/

Max ha detto...

Sono molto d'accordo sul "controllati"
Che i prof debbano essere pagati di più questo è certo, ma che debbano essere più controllati è pure importante.
Quando ero strudente avevo ottimi prof ma alcuni erano fuori dalla graxzia di Dio e come dici tu nessuno diceva niente, il preside in testa che come a tutti i presidi gli interessava solo l'immagine della scuola e non la reale sostanza.
E poi chi controlla i presidi???

Mary ha detto...

In Italia ci sono licei eccellenti, è vero, ma se ci fai caso sono nei quartieri bene delle nostre città.
Se ci si sposta nelle periferie le scuole sono piene di scolaresche difficili, anzi impossibili.
Gli studenti non soffrono tanto la mancanza di mezzi delle scuole, perlomemno non solo quella, ma sono vittime di una catastrofe sociale che ha caratterizzato l'Italia nell'ultimo quarto di secolo: la fine della famiglia italiana, divorzi, separazioni, conflitti, il tutto mischiato a una feroce crisi economica. Sono ragazze e ragazzi senza alcuna educazione, senza ideali, senza speranze .
Sfuggono a famiglie infernali e sono incapaci di inserirsi in un autentico percorso educativo.
In conclusione la scuola non può farci niente.
Alla scuola di oggi, cioè agli insegnanti, si chiede 'iompossibile, quello che neanche le famiglie hanno fatto.
Sichiede tutto agli insegnanti e non si dà nulla.